#ciaociaoinvernodelcazzo

Il sole inonda il tavolo della cucina, si riflette sulle dita che viaggiano velocissime sulla tastiera e diffonde un calore piacevole nella stanza e nell’anima. Ne avevo bisogno. Ci sono momenti in cui tutto sembra attorcigliarsi, annodarsi in una trama complicata ed intricatissima e ti sembra davvero di non poterne venire a capo. Quando ogni fibra del tuo corpo sembra ribellassi al buon senso e scricchiola, quando il malessere parte dalle viscere e si irradia nelle ossa, arriva agli occhi, taglia le mani e le labbra e culmina con un’emicrania che ciao e il respiro si accorcia e l’unica cosa che riesci a fare è chiuderti in bagno, prenderti la testa tra le mani e piangere, in silenzio, tutto sembra perdere colore.

Poi però passa.

Perché scopri che non sei per niente fragile. Che il corpo e lo spirito un po’ si piegano, è vero, ma basta pochissimo e tutto, lentamente, torna al suo posto: basta poco e le forze ritornano, il sonno prolungato ripara parecchie ammaccature, le medicine fanno il loro lavoro e le persone splendide che hai intorno completano l’opera e nel giro di qualche ora la differenza è palpabile. E allora ti alzi e scopri che anche il piccoletto finalmente sta meglio, che siete simbiotici anche nella malattia, come lo eravate tu e tuo padre che il DNA non è che sia un’opinione. E il sole oggi spacca, gli alberi sono pieni di gemme, gli uccellini cantano e la pace qui in campagna è fondamentale per riparare un meccanismo inceppato. E sorridi, mentre la luce ti inonda, seduta al tavolo della cucina con una tazza di caffè al fianco e le dita scorrono velocissime sulla tastiera e Janis Joplin che canta Summertime ti fa sentire incredibilmente figa, nonostante la tua mise farebbe inorridire anche un tedesco in vacanza a Riccione nei primi anni novanta. E ti trovi a muovere la testa a ritmo di musica e le parole escono di getto e diventano paragrafi, pagine intere di storie un po’ tue, un po’ gentilmente concesse da altri, un po’ inventate di sana pianta.

E tutto va improvvisamente di nuovo bene, senza un apparente perché.

In realtà il perché lo sai benissimo: sai che puoi fare tutto quello che vuoi, che niente ti spezzerà mai  finché avrai una penna e un foglio bianco e in mancanza di quello ti rimane sempre l’infinito spazio nella tua testa. Nessuno può portartelo via, sei più forte di ogni altra cosa e nonostante forse inconsciamente lo sapessi da sempre, metterlo nero su bianco ti fa stare meglio, ti fa dare l’ultimo colpo di spugna, l’ultima spallata al dolore.

E alzi la faccia verso il sole, chiudi gli occhi e ti ripeti che niente è meglio di questo, niente doveva essere diverso da questo e che il mondo gira per te, solo ed esclusivamente per te. Basta volerlo.

E io lo voglio, eccome se lo voglio.

I’m hungry, I’m foolish, I’m mine and there’s nothing that can stop me.

4 Risposte a “#ciaociaoinvernodelcazzo”

  1. Hai ragione, carissima, noi siamo più forti di quello che pensiamo. L’ho provato io, quando dopo la morte di mia madre, con l’anima violentata dal dolore, le lacrime ricacciate indietro, la vita che non sembrava più vita, ho spinto il mio corpo dal notaio, e ho sopportato l’odio e la cattiveria sottile di mio fratello. L’ho provato io, quando quattro mesi dopo, e ancora con l’odio e la cattiveria di mio fratello che mi ansimavano sul collo, ho affrontato il dolore della separazione, dopo quindici anni di vita bella vissuta insieme, e di amore assoluto. Perchè lui “non ce la faceva” a tollerare il mio dolore. L’ho affrontato io, quando me ne sono andata, con l’auto piena dei miei abiti, i tre gatti, e due sballati rumeni che trasportavano le cose stipate in qualche scatolone, verso un monolocale in subaffitto in una città lontana dagli amici, consapevole che , almeno, avevo trovato un tetto sotto il quale stare. L’ho provato io, quando, da sola, mi sono ricomprata la casa che doveva essere “la nostra”, e poi era semplicemente la mia, con un trasloco da fare, un mutuo da pagare, e ancora negli occhi la scena in cui avevo dovuto, per sopravvivere, dire a mio fratello: tu per me sei morto. L’ho provato io, quando mi sono ricostruita una vita, gli amici, ho scoperto il mio amore per gli animali, ho preso un San Bernardo, e poi un piccolo cagnino che stava per essere soppresso, ho provato ad essere una mamma , a reinventarmi nel lavoro e nella vita, ad entrare in banca e contrattare, a fare i conti con un unico stipendio e con le millemila difficoltà della vita di cui non ti rendi conto, quando le condividi con l’uomo che ti sta accanto. Lo provo io, quando ho 40 di febbre, tre gatti e due cani da accudire, una casa che deve andare avanti, e tu vuoi solo cercare di non muovere le tue ossa, che in quel momento non sopportano l’attacco del virus. Bè, l’ho provato, e sai cosa ti dico, CE LA FACCIO, SONO PIù FORTE DI QUANTO PENSASSI. Ora te lo scrivo, ma in realtà non ho bisogno di farlo, perchè dentro di me lo so. Ora ne sono certa. Ogni giorno lo so. Ma ci sono tante donne che non lo sanno, perchè hai ragione tu, per farcela ci vuole coraggio, e due coglioni così, e dài, non tutte ce l’hanno. Almeno in questo tiriamocela un pò:

    1. Ma che bel commento Graziella. Davvero grazie per aver condiviso una parte della tua vita così dolorosa e difficile. Andrebbe pubblicato sui giornali, ad esempio per tutte quelle donne (ma anche uomini) che invece si rassegnano subito, che si fanno surclassare e vincere dalle difficoltà della vita, che ai primi ostacoli mollano il colpo e si lasciano andare.
      Sei una grande, ti stimo davvero molto, anche se non ti conosco personalmente.
      No, non tutte ce l’hanno due coglioni così. Però tu potresti sub-affittare parte dei tuoi, data la mole 🙂
      Un abbraccio.

  2. e – permettimelo – essendo capricorno fino al midollo non potrebbe che essere così 🙂

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