Dire, fare, scrivere. E leggere Safran Foer come se non ci fosse un domani.

06_mylifeNonostante non sia il mio mese preferito, devo ammettere che Settembre mi mette sempre addosso una gran voglia di fare. Probabilmente è l’imprinting scolastico, o anche il fatto che l’aria sia meno torrida e la mia pressione salga a livelli produttivi accettabili. C’è chi viene assalito da quella che ho sentito chiamare “sindrome del nido” e prepara conserve, marmellate, sacchetti e sacchettini pieni di verdure estive da mettere in congelatore per i noiosi mesi invernali. Devo ammettere che per qualche anno, quando Ale era piccolo piccolo e cercavo ogni scusa possibile per non scrivere, anche io cucinavo come una matta, manco dovessimo prepararci per una guerra. E infatti il mio peso oscillava pericolosamente verso un sovrappeso preoccupante, mentre adesso non dico che sono tornata in spelndida forma, ma considerando che non faccio sport, non mi privo quasi di niente e ho pure sfornato due marmocchi, proprio malaccio non sono.

E insomma ho cambiato la faccia al blog. E ho provato a disegnare un logo. E ho scaricato il Webbiz Planner (se non sai che cos’è pentiti, scriteriato! Poi corri a fare ammenda qui!) per cercare di dare un verso a questo agglomerato di cazzi miei che più elegantemente si tende a chiamare blog.

E scrivo, prendo appunti, mi do da fare. Il tempo è poco e non basta quasi mai, ma non posso farmi scoraggiare da questo. Ne sto sottraendo un po’ al riposo, sicuramente curo meno la casa e cucino pasti parecchio frugali e veloci, ma mi pare che i tre ragazzi che mi ronzano intorno siano ugualmente sereni e in salute, quindi andremo a comandare con le magliette un po’ spiegazzate perchè mamma non stira, ma va bene così.

E leggo, tanto. La mia amica libraia mi ha iniziato a Foer, autore genialissimo che, shame on me, non conoscevo e io e le mie occhiaie le saremo grate in eterno per questa gradita scoperta. Per una volta ho fatto le cose per bene, partendo dal primo, Ogni Cosa è Illuminata, poi andrò in modalità ossessiovo/compulsiva e prenderò anche Molto Forte, Incredibilmente Vicino ed Eccomi me lo terrò per la fine. Poi guarderò anche i film. E comunque credo che ogni scrittore dovrebbe avere un amico libraio. Anzi, a pensarci bene, ogni essere umano dovrebbe avere un amico libraio, o in mancanza di esso almeno una libreria piccola, accogliente e raccolta dove poter immergersi nella meraviglia, nel profumo e nel potere curativo dei libri. Questa cosa accade solo nelle piccole librerie indipendenti, nelle grandi catene, nei supermercati della letteratura, non c’è poesia. Solo numeri, luci bianche e asetticità. Che schifo. Un po’ come quando vai alla Coop e manco si ricordano chi sei nemmeno se ci vai tutti i giorni, mentre il salumiere sotto casa dei miei non solo si ricorda dei miei gusti, ma se va mio marito a prendere l’affettato, lo guarda con gli occhi socchiusi, soppesandolo per un attimo nel suo schedario mnemonico, poi appena lo associa a me gli sorride e gli fa “te lo taglio sottile a te, il crudo, che so che ti piace solo così”. E anche se esci alleggerito di un paio di organi interni, continui ad andare da lui a fare la spesa perchè è un po’ come uno di famiglia. Ecco, lo stesso vale per i libri, per i vestiti e per ogni altro oggetto che compro: mi piacciono i posti piccoli, raccolti e possibilmente forniti di qualcuno al loro interno che sia pieno di amore per il suo lavoro e che mi faccia sentire la cliente top dell’anno ma anche dell’intero universo. Per me, che di lavori ne faccio due (tre, se si conta quello di mamma), metterci passione è fondamentale. ma questa cosa non è che l’abbia capita da tanto, eh. Anzi. Ho passato anni a imbruttirmi dentro e fuori, a lamentarmi tra me e me che il mio lavoro non mi piaceva, che era noioso, che avrei voluto fare altro, che però scrivere non avrebbe portato il pane in tavola e che fare la mamma e la casalinga era alienante. Insomma il problema non erano il lavoro, la situazione editoriale italiana, mio marito o i miei figli: ero io, il maledetto problema. Io e il mio karma stracolmo di negatività e resistenza passiva. Poi mi son detta che era ora di alleggerirlo, sto karma e quindi namastè, palla lunga e pedalare. Non è stata una cosa breve. E non è uniforme. Ci sono giorni che incenerirei l’universo, giorni in cui vorrei prendere una borsa, metterci dentro quattro cose e partire senza una meta precisa e vaffanculo a tutti. Credo che l’incostanza, l’irrequietezza e la pesantezza dei pensieri siano un marchio di fabbrica dal quale non posso (e neppure voglio) fare a meno. Ma nel mezzo può starci tanta altra roba, ed è tutta colorata, fluo, glitter, frivola, positiva e nel complesso leggerissima. Insomma, sono passata da essere una psicopatica musona e negativa ad una psicopatica propositiva, geniale e divertente.

Che meraviglia.

NOTA BENE – Ho scritto questo post sull’amore dei dettagli e della cura che uno mette nel proprio lavoro con Ale che mi scimmiotta e che blatera di salmoni, sogliole e code di rospo e documenti di trasporto, quindi non garantisco sulla perfetta esecusione e sulla scorrevolezza dello stesso.