Sii libero. Sii consapevole. Ma soprattutto, innamorati.

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Intanto, sono consapevole di una cosa: da quando ho i figli ho un sonno che temo non recupererò mai più.

Il sonno, signora mia.

Andrea ha deciso che questo weekend metteva su un incisivo e nelle ultime due notti ha piazzato il mood pianto a sirena inconsolabile-voglio stare in braccio solo alla mamma altrimenti pianto un casino che levatevi tutti- ma anche di giorno non dormirò quindi scordatelo che recuperi il sonno. E io, anziché sclerare come faccio di solito me lo sono portato nel lettone (io, sì. nel lettone. io. si sto bene eh, ma ho capito che nella maternità l’andare a braccio da i suoi ottimi risultati), me lo sono coccolato, l’ho rimpinzato di latte caldo e canzoncine e lui si è calmato. Un pochino eh, mica del tutto. Comunque adesso va meglio. Complice la presenza di Chef sono anche riuscita a scrivere per un’oretta al giorno e ad organizzare un paio di altre cosette.

Consapevole, dicevo. Sì perchè “consapevole” è una parola che mi ronza in testa da anni, complice anche la frequentazione più o meno continuativa del blog di Sonia. Consapevolezza intanto è una bella parola, di quelle che riempiono la bocca quando le pronunci a voce alta. è una parola che sa di riflessione, di ragionamento, di lavoro fatto a monte, che parte dal basso, che si sporca e si sbuccia le mani e le ginocchia e che poi sale su, piano piano, passa dal cuore e arriva alla testa. Consapevole è una parola che mi ritorna da un paio di anni e che nell’ultimo mese, vuoi per un motivo o per un altro, ho spesso in mezzo ai piedi.

Consapevole è il corso di cucina a cui mi sono iscritta e che inizierò tra una settimana. Lo organizza una mia amica che di lavoro fa la dietista e ci tenevo a partecipare, non solo perchè in questo momento mi sento particolarmente ricettiva, ispirata e aperta a qualsiasi tendenza o idea alternative, ma anche e soprattutto perchè era da tanto che lei voleva organizzare una cosa del genere e a me piace essere di aiuto nella realizzazione dei sogni delle persone a cui tengo, anche se solo in minima parte come in questo caso. Quindi ne parlerò qui sul blog, perchè le premesse sono ottime e molto ispiranti. Io sono bravina a cucinare e avere un marito che ha fatto per sedici anni il cuoco probabilmente ha aiutato a far si che io amassi la buona cucina, ma questa è un’altra cosa. Io lo vedo più come uno step successivo, un voler andare un po’ più a fondo rispetto alla solita scelta più o meno superficiale degli ingredienti. Poi vi saprò dire come me la cavo, eh.

Il fatto è che tutta la mia vita, da un po’ di tempo, ha preso la strada della “consapevolezza” e non parlo solo a livello alimentare. Essere consapevoli di come si vuole vivere non è una cosa che si fa in un mese, è un percorso graduale e più o meno lungo a seconda del punto di partenza e del soggetto che si è. La me stessa di otto anni fa fa è molto distante dalla persona che sono questa sera: intanto fumavo. E anche molto. E non me ne fregava assolutamente niente da dove provenisse il cibo che mettevo in tavola, né se fosse o meno biologico oppure di stagione. E non facevo la raccolta differenziata dei rifiuti e non muovevo mai il culo, preferivo prendere la macchina nonostante abitassi in pieno centro città. E vivevo un bel po’ al di sopra delle mie possibilità, pensando che le scelte che facevo non avrebbero influito sulla persona che sarei diventata. Avevo venticinque anni, ero appena andata a vivere da sola e l’ultimo dei miei pensieri era rivolto all’ambiente circostante e al mio futuro.

Adesso vivo in campagna ma uso l’auto molto meno di prima o comunque in modo più ponderato, cercando di far confluire tutti gli impegni in modo più o meno funzionale.

Mi sono chiesta da dove venisse questa smania ampiamente diffusa, nonostante la crisi, del comprare cose che non ci servono solo perché sono a un buon prezzo. Ok, il detersivo per i piatti non scade, ma se ne ho in dispensa già a sufficienza per andare avanti un paio di mesi, a che pro comprarne altrettanto? è inutile e alla lunga molto ma molto più dispendioso, perchè ci circondiamo di cose di cui non abbiamo un immediato bisogno. Siamo venuti su con il mito del dover fare scorte come se fossimo ancora in guerra. Non dico che il frigo debba essere deserto e gli scaffali della dispensa in lacrime, ma quando si ha lo stretto necessario per gestire le emergenze di un paio di settimane (si rompe la macchina, i bimbi prendono l’influenza, fa una gamba di neve ecc) non può essere abbastanza? Io dico di si. E dico che andare dal fruttivendolo, dal fornaio, dal pescivendolo (soprattutto dal pescivendolo), dal macellaio e alla bottega di alimentari non debba essere un imperativo, che non sono una talebana e non lo sarò mai, ma almeno che ci si debba provare beh ecco, questo sì. Intanto perché è bello instaurare un rapporto umano con chi ci sta di fronte (mai provato le casse automatiche al supermercato? I bambini ovviamente le adorano, ma sono tra le cose più alienanti del mondo). E poi perchè magari è la volta buona che davvero si inizia a comprare solo quello che  serve.Buttiamo via una valanga di cibo e poi doniamo due euro per i bambini che muoiono di fame: più paradossale di sta roba c’è solo la sottoscritta che diventa vegana.

Non mi tirate in ballo la menata del tempo, perchè non vi ascolto. Se ce la faccio io, che lavoro e ho due figli, ce la può fare un sacco di altra gente. Poi lo sapete che per me il tempo è fuffa. Il tempo si deve trovare per quello che per noi è una priorità. Cominciamo a sostituire la parola tempo con “priorità” : la frase assume un significato diverso. Per me adesso le priorità sono scrivere tanto e tirare su degnamente i miei figli. Ogni tanto guardo i due mostriciattoli che dormono nella stanza accanto e mi ripeto che non saranno per sempre così piccoli e spassosi e allora mando a ramengo i panni da stirare e i bagni da pulire e a volte anche la cena da preparare e mi sdraio sul tappeto con loro. E chi se ne frega se i giochi sono in giro o se al posto dei soliti manicaretti ci sono verdure e altre cose veloci da mettere sotto i denti: siamo iper nutriti e iper stressati, io per prima. Ma non era questa la vita che volevo per me, otto anni fa: volevo solo una cosa, anzi due. Essere innamorata e libera. E beh, sulla libertà ci sto lavorando alacremente.

Dell’amore, che ve lo dico a fare, ne avrei anche per voi, ma ho detto che sono diventata più consapevole, mica più buona.