Tra lo stomaco e la gola

Va meglio. Decisamente. Dal 3 gennaio ho perso quasi quattro kg, senza pesare quasi nessun alimento (a parte la pasta, che ad occhio faccio ancora un po’ fatica a quantificare, ma ci stiamo arrivando), senza farmi paranoie riguardo a condimenti eccetera e senza per forza dovermi rimpinzare di alimenti che non mi appagano e che magari mi lasciano con una voragine nello stomaco dopo due ore: quando è così, va a finire che alla lunga cedi e svuoti la dispensa e ti trovi frustrato e da capo; no, grazie. Preferisco un piatto buono, in quantità moderate, che mi fa arrivare al pasto successivo senza pensare costantemente al cibo. Faccio un po’ di movimento ogni giorno (anche in casa, che volendo ci sono mille modi per tenersi in forma anche senza andare in palestra), leggo, scrivo, gioco con mio figlio e soprattutto, sorrido molto di più. E a questo punto mi viene da chiedermi se servisse vivere gli ultimi due anni in bilico tra l’insoddisfazione e la felicità, senza riuscire a trovare da subito un compromesso, una via di mezzo che mi facesse stare in pace con me stessa.

Beh, evidentemente si, doveva essere questo il mio percorso.

Probabilmente dovevo vivere tutto in questo modo. Ne parlavo venerdì sera con le ragazze, davanti a un sushi home made e a un té verde alla menta: la maternità è un argomento sul quale c’è tantissima omertà, soprattutto da parte delle altre donne. Insomma, parliamoci chiaro: fare un figlio non è proprio come andare al cinema o adottare un cane: anche nel caso in cui lo desideri, lo cerchi e hai la migliore delle gravidanze desiderabili (il mio caso), quando ti trovi con un neonato per le mani non sempre è amore a prima vista. E non sempre è così bello e appagante fare la madre, soprattutto all’inizio. Anche se il neonato in questione mangia e dorme, tipo mio figlio, all’inizio è dura. Devi reimpostare la tua vita dall’inizio, rivedere tutte le tue priorità, metterti in fondo a tutto per favorire il suo bene e anche cercare in tutto questo di non trascurare le esigenze del neopapà. E se provi ad esprimere queste perplessità e queste insicurezze a voce alta di norma vieni considerata una stronza egoista. O un mostro che in confronto Annamaria Franzoni si vince il premio per mamma dell’anno ad libitum.

ma io ho deciso di smettere di fare finta, nella vita e quindi vi racconto com’è fare la mamma: è dura ed è anche una responsabilità enorme e se non hai supporto da chi ci è già passato o ci sta passando, ti senti mancare la terra sotto i piedi.

Dopo questa prima esperienza io ne vorrei tanti altri di flgli, perché mi piace fare la mamma e mi piace l’idea di una casa piena di bambini che fanno casino e giocano e corrono. Anche se sarà stancante, so che sarà più facile perché so già cosa mi aspetta e so che non potrò contare su nessuno (o meglio, nessuna) se non me stessa, dal punto di vista psicologico. Le donne dovrebbero capire che fare figli non è una missione divina né una gara, ma una fase della vita e come tale è fatta di alti e bassi. E che se ci si desse un po’ più una mano, se ci si confrontasse con più sincerità senza dover per forza fare finta di essere WonderMamma, forse le cose andrebbero meglio e i bambini sarebbero un po’ meno stressati e sovraccarichi di aspettative. A Capodanno qui c’era una ragazza incinta di otto mesi e concordavamo proprio su questo punto: le donne la maternità la vivono come la competizione per eccellenza della loro vita. Beh, dopo due anni di alti e bassi, di momenti in cui mi sono sentita sola, triste, brutta, inadeguata da una parte e brillante, brava, serena, in gamba e felicissima dall’altra, mi viene solo da dire una cosa, a queste donne: vaffanculo.

Ma col cuore in mano, davvero. Sparatevi un colpo in fronte, che è meglio.

Se non avete figli e state leggendo, vi dipingo un quadretto standard, così vi fate un’idea. E se siete mamme dotate di buonsenso so che non vi dico niente di nuovo. Scena: dal pediatra (ma potrebbe essere anche il parco giochi o la spiaggia). Eccole lì, le sacre portatrici di utero fecondo: tutte prese da questo compito, invasate, solo a parlare di pappe, percentili, latte in polvere, tettarelle, malattie infettive e non, cure alternative o tradizionali, compiti a casa, attività extrascolastiche e via discorrendo. Ma ce l’avete una cazzo di vita, a parte assorbirvi come delle sanguisughe quella dei vostri figli, o no? E che palle. E pensare che per due anni io mi confrontavo con queste qua, sperando segretamente che mi accettassero nella loro élite esclusiva (ma de che???) per avere almeno qualcosa in comune. Ma manco morta, per fortuna che mi sono svegliata da sola. E in tempo.

Preferisco le mie amiche senza figli, con le quali posso parlare di tutto e che mi vogliono bene non perché educo mio figlio secondo il metodo Montessori o Estivill o so una madonna, ma per quella che sono, indipendentemente dal mio essere mamma. Io sono Laura, per loro: una persona a 360° e non un utero con una bocca.

Pardon, ma questo sasso me lo dovevo togliere: adesso posso ricominciare a camminare nuovamente a mio agio. Tagliare i rami secchi, lasciare andare la negatività di certe persone e buttarsi alle spalle tante cose che mi avevano infastidito e mi erano rimaste incastrate lì, tra lo stomaco e la gola.

E si sa che non è da me lasciare le cose a metà.

10 Risposte a “Tra lo stomaco e la gola”

  1. Quanto hai ragione. Bellissimo post, Condivido in pieno. Anche a me, che non sono ancora madre, oramai mi vedono solo come una donna- utero il cui unico scopo è quello di sfornare figli. Non vedono oggettivamente piu’ nulla che questo.
    E non mi va, Onestamente. Mi sono davvero rotta i coglioni. Anche se un figlio lo voglio con tutta me stessa.

    1. Io per gli standard di adesso sono una mamma giovane, ho avuto Titu a 27 anni :-), quindi nessuno mi ha mai rotto le scatole facendomi del pressing.
      C’è troppa aspettativa, su tutto. Sul matrimonio, sulla famiglia, sulla famiglia alternativa, sui figli… siamo sempre li a farci tremila pippe esistenziali anche sulle conseguene di un’unghia rotta e perdiamo di vista la semplice natura delle cose.

  2. Evvai Lauretta! Hai perfettamente ragione!!! Queste mamme italiane di oggi (e sottolineo italiane) vivono la maternità oltre che come competizione anche come una missione. Mamma mia, per forza poi scappa la voglia di fare figli. Immolarsi per una causa non è da tutti. Mi è capitato recentemente di entrare da prenatal a prendere un regalino per il figlio di un’amica, terribile!!! Tutte con marito e madre al seguito (manco stessero aspettando il premio Nobel), con aria sofferente, a comprare cose costosissime. Secondo me pensavano di far nascere un principe ereditario, manco Lady Diana si comportava così con la prole. Ho un’amica svedese che ha partorito da poco e ha il viso esterefatto perennemente…Non si capacita. E infatti in Svezia fanno molti più figli, lavorano full time senza pensare che così cresceranno dei mostri, mettono tute dei cugini ai pargoli per andare a scuola e via discorrendo. Pensa che alcune mamme impediscono ai looro bimbi di toccare il mio cane perchè si sporcano: dammi retta, quei pargoli da adulti minimo minimo saranno nevrotici.

    1. Guarda cara, non mi addentro nel discorso della nazionalià perchè per il momento le mie amiche straniere non sono ancora mamme… ma resta il fatto che la maternità viene caricata di troppo significato e i bambini di troppe aspettative e frustrazioni.
      Io stessa mi cospargo il capo di cenere per essermi fatta troppe pippe al riguardo, da qui il malessere di cui accennavo un paio di post sotto: forse sarebbe sufficiente sfogarmi quando era il momento fregandomene di cosa potessero pensare gli altri, ma alle cose ci si arriva per gradi e con il senno di poi è tutto più semplice.
      Nell’educazione di mio figlio sono molto easy (infatti lui dorme tutta la notte da quando ha 2 mesi) e sto iniziando a prendere tutto con questa filosofia. Anzi, mi correggo, a “riprendere”: perchè io sono sempre stata del parere che niente è impossibile e che se siamo programmati per fare certe cose (riprodurci, stabilire rapporti interpersonali, leggere, scrivere, studiare, lavorare e via dicendo) è perchè tutti possiamo farlo. A livelli diversi, certo, ma nessuno sta lì a darti un punteggio: vivere è un’opportunità unica e sprecarla a farsi mille pippe quando i problemi non ci sono è controproducente. Ho perso tempo per 2 anni, è ora di recuperare 😉

  3. Certo Laura hai ragione. Non so, quando vedo e sento parlare le mamme di oggi (molte di loro) mi sembra di aver vissuto su un altro pianeta. Venticinque anni fa il mondo era diviso in: chi voleva cambiarlo (tendenzialmente di sinistra) e i conservatori. Ovviamente non era realmente proprio così ma pensarlo ti rendeva tutto più semplice. Noi del gruppo del cambiamento volevamo, appunto, cambiare il mondo. Per cui che cosa è la diarrea di una bambina quando stai lottando per ottenere la legge sul divorzio, l’emancipazione femminile e altro? Nada, le dai riso bollito per un pò e le spieghi (anche se non capisce al momento, ma sai che capirà poi) che la mamma è impegnata in altre faccende un pò più serie. Poi dipende dal carattere. Non ho mai voluto che avesse una vita “omologata”, sono sempre vissuta a contatto con persone che la pensavano come me (pensavo fosse un caso, invece con il tempo ho scoperto che era una scelta), molto vicina a una città come Milano che allora era molto vivace ed anticonformista. Tutte le mie amiche lavoravano, e la realizzazione nel lavoro era importante esattamente come fare le mamme. Devo dire, sono stata fortunata con il papà di mia figlia: ha dieci anni più di me, e si comportava un pò da padre con tutte e due. Ovvero, si è sempre fatto carico dei problemi,ha condiviso con me l’educazione, mi ha supportata nel lavoro, stava volentieri con la bambina quando dovevo allontanarmi per qualche giorno ecc. Aveva stabilito che io non sapevo cucinare, quindi tutta l’alimentazione era a carico suo: spesa, far da mangiare, pulire cucina ecc. Io mi occupavo di tutto il resto. La casa non era sempre da “Mulino Bianco”, anzi quasi mai, e il disordine della bambina, i giochi dappertutto, il parquet rovinato dal cane, i giochi sfrenati di entrambi ci hanno sempre e solo messo allegria. Portavo fuori mia figlia di sei mesi con la neve, ore all’aria aperta, e si ammalava meno degli altri. Ho sempre continuato ad andare al cinema e a teatro, anche da sola con amiche (dovevamo fare i turni, naturalmente) e per i primi dieci anni, mai con la bimba al ristorante o in pizzeria: per non sballare i suoi ritmi e non sclerare noi. E’ cresciuta sana di mente e molto molto serena. E a me non è mai mai mai pesato fare la mamma. Quindi, al bando le paranoie e se condo me sei sulla buona strada. Ma tuo marito ti aiuta? Questa è prima cosa da pretendere (non chiedere, pretendere) sempre!

    1. Si, Chef è molto bravo. Siamo una squadra, non due fuoriclasse che fanno ognuno per sè; questo aiuta molto, sempre.
      Ok, lascia i calzini in giro qualche volta, ma io non sono una di quelle che se la casa non è perfetta vanno in paranoia, anzi 🙂
      Ci diamo una mano e sono contenta che nostro figlio (e quelli futuri che arriveranno) cresca in un ambiente in cui tutti possono e talvolta devono saper fare tutto. Sarà che mia mamma (santa donna per tante cose, ma da prendere a roncolate per altre) ha sempre fatto distinzioni tra me e mia sorella e mio fratello e mio babbo… è una cosa che mi ha sempre dato fastidio.

      Sul portare i figli al ristorante ecc: hai tutta la mia stima. Io o non esco, o lo lasciamo una tantum ai nonni per goderci una serata rilassata (che ci vuole, ogni tanto). Quando vedo tutti questi bambini al ristorante che si rompono solo le scatole e diventano ingestibili prenderei a testate i loro genitori.

  4. Riguardo al “fregarmene di quanto possano pensare gli altri” brava, dovrebbe essere sempre “il verbo”. Soprattutto nel rapporto madre – figli. Sai quanto sono stata criticata dalle signore-bene-della-mia-citta-di- provincia? Ma, non so perchè, davvero, sentivo, sempre, un tale e istintivo legame con mia figlia, fatto di rispetto reciproco (delle sue necessità in primis) di fiducia, che non so, mi veniva tutto naturale. Anche quando piangeva tutta la notte. Mia cognata (con cui non condivido nulla, per inciso), con suo figlio, dei drammi pazzeschi. Io la prendevo in braccio, pensavo che la vita era dura anche per i neonati, la cullavo, accarezzavo finchè non smetteva. Poteva essere q

  5. Mi è partito l’invio in automatico, scusa. Poteva essere qualsiasi cosa (tranne quelle gravi, naturalmente, già escluse dal pediatra), dagli incubi a piccole coliche. Sapevo che prima o poi ci saremmo intese, e avrei capito. Era quella fiducia che avevo in lei che mi faceva da bussola, non le parole degli altri. Una cosa strana, che è rimasta anche ora che vive lontana.

  6. da brava stronza io evito le amiche con i figli
    perché non posso passare una serata intera a sentir parlare di colloqui, attività extrascolastiche, feste di compleanno, scambi di vestiti, virus gastrointestinali e la loro cura, medicine omeopatiche per il raffreddore e così via
    a me piace parlare e tanto, so ascoltare, ma se te sei figlidipendenti no, grazie
    e ti capisco benissimo : per una sana di mente come te l’adattarsi alle altre mamme deve essere difficile 🙂

    1. Per me all’inizio é stato quasi traumatico: mi sentivo sbagliata io.
      Poi ho smesso di frequentarle quasi tutte e sinceramente sto molto meglio così: che con mio figlio direi che ci sto già parecchio ed é sicuramente più simpatico lui di queste qua.

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