The pen is on the table

L’altra sera facendo zapping sono capitata su InOnda. E c’erano Crepet e Cruciani ospiti e nel momento in cui ho acceso il dibattito verteva sul problema di molti giovani precari, ovverosia la difficoltà di trovare lavoro e soprattutto la difficoltà di trovare il lavoro per cui hanno studiato. Citavano l’esempio di una studentessa di sociologia, laureata con il massimo dei voti, demoralizzata perché trovava solo lavori incompatibili con il suo percorso scolastico. La ragazza si era definita umiliata da questo.

Cruciani (che personalmente adoro, come tutti i politicamente scorretti), si è scaldato, chiosando che se la tizia avesse studiato matematica o fisica, probabilmente avrebbe trovato un lavoro fisso e ben retribuito.

E mentre masticavo la mia insalata di legumi e verdure miste, mi son detta che cazzo, c’ha ragione lui.

A parte che mi sta profondamente sul cazzo il discorso “mi sento umiliata a non fare il lavoro per cui ho studiato” : il lavoro non è mai umiliante. Nemmeno se devi pulire i cessi degli altri. Umiliante è fare la coda per prendere la disoccupazione perché dopo magari 40 anni di onorato servizio l’azienda per cui lavori ti lascia a piedi e tu devi mantenere la tua famiglia. Umiliante è chiedere l’elemosina. Umiliante è andare a mangiare alla mensa dei poveri. Questo, cara la mia bella signorina con la puzza al naso, è umiliante. Sarebbe meglio che molte persone scendessero dal banano, prima di fare certe affermazioni.

Chiusa la parentesi, torniamo al discorso di Cruciani e al perché, secondo me, non ha proprio tutti i torti.

Ho sempre pensato che il grande problema della scuola italiana non fosse solo nella mancanza di fondi, risorse e investimenti nella ricerca e negli strumenti innovativi, ma anche e soprattutto nella mentalità fossilizzata di noi italiani.

Sento ancora troppo spesso (l’ultima volta in palestra un mesetto fa) il discorso “il liceo classico ti da una preparazione che nelle altre scuole te la sogni” oppure “se fai il classico poi all’università puoi fare la facoltà che vuoi, perché ti insegna a studiare” o anche “il greco e il latino sono fondamentali per conoscere la tua lingua”.

Io non voglio assolutamente denigrare le materie umanistiche. Io AMO le materie umanistiche, sono una scrittrice!

Sorella ha fatto il liceo classico e sa la grammatica italiana meglio di tante professoresse che ho avuto nel corso della mia carriera scolastica.

Però.

Però dopo il classico ha fatto Storia all’università e dopo l’università ha cominciato a lavorare nell’azienda di famiglia. Se i miei fossero stati operai o dipendenti statali probabilmente sarebbe un’insegnante molto brava e molto precaria (e quindi a ragione molto avvilita e frustrata).

Fratello ha fatto il liceo scientifico, poi ha fatto filosofia e come Sorella è venuto a lavorare in azienda e come Sorella se i miei non avessero avuto un’attività si sarebbe barcamenato nell’ambito scolastico.

Io, quando sono uscita dalla scuola per interpreti sei anni fa, ho ricevuto diverse offerte di lavoro da diverse aziende appena qualche settimana dopo aver preso il diploma (laurea triennale, senza master né specialistiche di sorta), ma a causa di una situazione emergenziale ho cominciato a lavorare anche io dai miei (una persona si era licenziata in tronco, lasciandoci col culo per terra) e poi sono rimasta qui per due motivi:

–         è un’azienda che lavora solo con l’estero e quindi è molto inerente con quello che ho studiato

–         è un bel lavoro.

Se, facciamo tutte le corna e gli scongiuri del caso, qualcosa nella nostra attività dovesse andare storto, io farei meno fatica dei miei fratelli a trovare un lavoro. Perché una persona che parla inglese francese e tedesco è più richiesta di una che traduce dal greco e dal latino. Non è un discorso sul merito, ma sulla praticità.

È del 1816 “Sulla maniera e l’utilità delle Traduzioni” di Madame de Stael, documento in cui i nostri cugini francesi ci dicevano in soldoni, “svegliatevi! Traducete le lingue straniere correnti, state al passo con i tempi!” (e farcelo dire dai francesi, questo sì che è umiliante cazzarola…)

Del 1816, non di due giorni fa.

Così, per dire.

Abbiamo ascoltato?

A giudicare dal tasso di disoccupazione, dal numero dei precari, dalla frustrazione generale direi di no.

Le lingue straniere e la matematica a beneficio della storia e del greco non sono LA soluzione al problema.

Ma forse sono un piccolo aiuto, per cominciare a stare meglio.

E se proprio volete fare il classico, almeno fatevi un corso d’inglese come si deve a parte, per Dio.

23 Risposte a “The pen is on the table”

  1. Premettendo che sono una di quelli che ha scartato sia il campo umanistico che quello scientifico che quello linguistico (nel primo perché non ero interessata particolarmente, per il secondo ed il terzo perché sono tarda ed avrei impiegato 20anni anche solo a finire il liceo), ma ho scelto la figlia della schifosa di tutte le materie (artistica, grafica soprattutto) posso dirti che hai ragione.
    Sai quante volte mi sono sentita dire “il web designer guadagna la metà del web developer”? Mille. Solo che ricominciare da zero a 27 anni iscrivendosi ad ing. informatica non credo sia la cosa migliore, ora come ora. Ma tant’è, quando ero piccola ero brava in quello, sono sempre stata osannata per quello, e nessuno ha mai preteso da me oltre la sufficienza in matematica ed inglese.
    Sto provando a riparare da sola, almeno con l’inglese (film in lingua, articoli almeno tecnici quindi più facili…), e con l’informatica (seguendo corsi, aggiornandomi, etc). Però le lacune ci sono, sono evidenti, soprattutto per la lingua.

    Il punto non è tanto quello che fai al liceo o all’uni (conosco gente uscita dalla facoltà di informatica che non sa nemmeno dove ha il buco del culo, mentre io, almeno per quello che mi serve, anche se ancora a livello base, non sono totalmente svampita), ma la capacità di essere interessati ad una cosa, massimo due, ed a portarle avanti davvero, con serietà ed organizzazione. E tenere il resto come hobby, senza ricamarci troppo sopra. Insomma, essere curiosi e specializzarsi. E tanto. E con la pratica.

    Ed è anche vero che, visto che la capacità di adattamento (anche ad un lavoro non completamente inerente ai propri studi) è una forma di intelligenza non da poco, ed è giusto e sacrosanto che questa forma di intelligenza sia premiata, con un lavoro.
    Chi vede la vita a comparti stagni può rimanere a casa, a fare la calza ed a dire/scrivere che il mondo fa schifo.
    Io preferisco reagire. Che poi è un po’ alla base del mio percorso (o di chiunque l’abbia seguito in maniera decente) artistico: la reazione.

    Bisogna essere scaltri, non tuttologi.

    Per tornare in tema col post, posso aggiungere che la via per il raggiungimento di un obiettivo è dura, e spesso (tolte raccomandazioni e/o botte di culo) parte dal basso, non da “sono uscito ieri da lettere e domani ho il posto fisso come giornalista”.

    La vita è diversa.

  2. Dimenticavo, come sai ho fatto grafica. Se in accademia avessimo avuto un buon prof di quella materia (invece eravamo allo sbaraglio con un ex illustratore fallito), e magari un corso ben fatto di web (cosa rarissima, visto che ultimamente è stato inserito e ad insegnare è un ex architetto che fa i siti con programmini tipo “il tuo sito subbbito”), al posto di materie fuffa (belle sì, ma inutili) tipo calcografia, litografia, storia delle merendine che furono, sicuramente avrei un po’ di cosine in più da spendere, e non mi avrebbero certo fatto schifo.

    1. è il discorso che facevo io: la scuola dovrebbe formare di più, purtroppo a scapito di molte cose belle, ma inutili, come dici giustamente tu.
      Letteratura è da sempre la mia materia preferita (cazzo, sono una fottuta scrittrice, anche se a volte non sembra…), ma preferivo fare ore di simultanea in cabina all’uni e leggere i Miserabili a casa, la sera.

      La reazione e la curiosità sono il motore fondamentale per poter raggiungere i propri obiettivi. Stay hungry, stay foolish. Non l’ha detto l’ultimo dei coglioni, mi sembra 😉

  3. Molte volte sono d’accordo con te ma stavolta devo dire che qualcosa da obiettare ce l’ho. Innanzi tutto io mi sono laureata in Lingue l’anno scorso e non mi venite a dire che si trova lavoro perchè l’unica azienda che mi ha chiamato è stata un call center…e scusami se una ragazza a 22 anni pretende qualcosa di più, visto che ha speso 3 anni a studiare, a cercare di mantenersi e a spendere un sacco di soldi in tasse. Non puoi venire a dire che si trova lavoro quando tu stessa lavori nell’azienda dei tuoi (buon per te) e ti sei diplomata 6 anni fa quando la situazione economica e sociale dell’Italia era ben diversa. Ti posso assicurare che un mio amico con la laurea in ingegneria sta cercando un lavoro da 1 anno e nessuno di quel ramo l’ha chiamato. La situazione è gravissima e non è colpa della gente che studia, che vuole un futuro migliore perchè non mi venire a dire che il futuro migliore si inizia facendo le pulizie in un ospedale. Io conosco persone che avranno un buon futuro e sono quelle che lavorano nella propria mega azienda, che hanno un conto in banca a mille zeri e non sono quelle che hanno la mamma che fa la badante, non prendiamoci in giro. Se la ragazza che hai visto alla tv non si accontenta di un lavoretto qualsiasi dopo aver studiato tanti anni sociologia (che non sarà fisica ma non è mica una passeggiata) non pensi che sia perchè ci ha creduto, perchè ha speso tante energie e vorrebbe vedere il frutto del proprio lavoro? O deve fare un lavoro che fa chi ha appena la terza media perchè tanto in italia non si trova altro? Non mi venite a dire che non c’è differenza, se io ho studiato 10 anni in più di un altro, ho speso soldi e fatica non sarebbe giusto che avessi un lavoro meglio retribuito? Non è forse questa la meritocrazia?

    1. Se avessi letto attentamente il post avresti evinto che il nocciolo non era se sia facile o no lavorare oggi con la crisi in atto ( lavorare in proprio non é sempre una figata sai? Lo sai che per garantire gli stipendi ai propri dipendenti a volte si rinuncia alla propria, di mensilità?), ma sull’apertura mentale per quel che riguarda la scuola. Dobbiamo formare di più in questo paese.tu hai studiato lingue all’università: nel tuo piano di studi c’era inglese commerciale? O un corso anche solo semestrale di economia o marketing aziendale o informatica base? Ci vuole più pratica.
      E, per inciso, io lavoro da quando ho 15 anni e non nell’azienda di famiglia. Così, per dire.

      1. Sono d’accordo con te quando dici che l’università dovrebbe cambiare (altro che letteratura inglese, anche io sono del parere che inglese commerciale serva di più) però non capisco perchè dare ad una ragazza che ha studiato sociologia (una materia a mio parere rispettabilissima come tutte le altre) della sbruffona perchè dice che vorrebbe fare il suo lavoro…io il call center non l’ho accettato, 400 euro al mese per 9 ore lavorative senza pausa è sfruttamento e non lavoro. Io ho studiato e sto ancora studiando per trovare un lavoro non dico che mi piaccia, ma che almeno non mi faccia pensare di aver buttato via 5 anni di studi (e di soldi). Per il resto sono d’accordo con te sul fatto che la scuola non forma più ma allora nessuno dovrebbe più studiare materie letterarie perchè non formano? Devono essere rivisti i programmi, certo ma la colpa non è degli studenti, casomai di chi ci comanda e non ne capisce niente. Quindi scusa ma io a 23 anni (ho lavorato, sto lavorando e sto studiando quindi non sto a girarmi i pollici ) aspiro a un lavoro che non sia il call center o la donna delle pulizie perchè per me un po’ umiliante lo è. Poi lo farò se ne avrò bisogno, però non mi sentirò realizzata e continuerò a dire che non è il lavoro per cui ho studiato. Dopo tanti sacrifici almeno questo si può dire?

        1. Tu hai fatto bene a rifiutare quel lavoro, però non stai a casa a lagnarti: lavori mentre studi, sei una tipa in gamba che fa la sua gavetta aspirando a qualcosa di meglio. o no?
          Lei non è una sbruffona perché ha fatto sociologia; é una sbruffona perché definisce un lavoro meno “nobile” di altri umiliante.
          Un conto è sentirsi realizzati, un altro è sentirsi umiliati.
          Concordo con te: fare le pulizie, pulire il culo ai vecchi o farsi mandare a quel paese da tutti lavorando in un call center è avvilente. Soprattutto se hai studiato per anni, perchè studiare con passione è un sacrificio.
          Non denigro la studentessa perché ha fatto una materia umanistica (io avrei voluto fare filosofia all’uni e adoro la letteratura). Io amo le materie umanistiche, scrivo romanzi, quindi non sono una fan della matematica… però ammetto e riconosco che sicuramente con una laurea in storia, in filosofia, in sociologia o in lettere si fa un po’ più fatica. Non è detto che non ce la si faccia, ma il precorso è tortuoso e arduo ed è bene che chi decide di fare questi studi lo sappia.
          Umiliante è altro.
          Lavorare non è un’umiliazione.
          MAI.
          Ci sono barche di disperati che approdano ogni giorno sulle nostre coste: gente che lascia una famiglia a casa e che affronta le peggio cose per un futuro diverso. Dormire stipati, in mezzo al piscio degli altri, venire presi a male parole, puzzare da fare schifo, non essere capiti perché non si parla la stessa lingua.
          Questo è umiliante.
          Non lavorare in un call center.

          Spero di essermi spiegata bene.

        2. Tesoro, non è che perché hai una laurea tu abbia diritto di avere il lavoro della tua vita… sveglia!!
          Anzi, ora come ora i laureati sono spesso palle al piede che pretendono tanto e non danno nulla, all’azienda. Ed avere una laurea di certo non equivale a saper lavorare.
          Tu hai rifiutato 400 euro perché ti senti superiore, beh, non lo sei, hai solo dimostrato di non avere l’umiltà di fare della gavetta.

          1. Senti innanzitutto se tu a 27 anni sei a fare gavetta e sei irritata non devi certo venire a sfogare la tua rabbia qui. Io ho parlato tranquillamente e visto che non sai nemmeno cosa faccio io nella vita forse avresti fatto meglio a farti gli affari tuoi. Detto questo 400 euro per il call center non è gavetta perchè non mi porterà da nessuna parte per quello che voglio fare…il significato di gavetta non so se lo sai ma non equivale a sfruttamento. Se si muore di fame lo si fa, ma io mi sono data da fare, faccio un sacco di ripetizioni, ho fatto dei lavoretti e sono FIERA di non essermi abbassata al call center per poter continuare a studiare. Poi mi sono laureta in 3 anni con il massimo dei voti, qualche aspirazione ce l’ho e non sei certo tu che a 27 anni nemmeno ti sei finita una laurea a dirmi come la devo pensare.
            Mi dispiace per Laura che si era rivolta a me senza astio, mi scuso se sono stata dura ma non sopporto chi giudica senza conoscere.

  4. Uno dei più grossi problemi (sicuramente nostrani, altrove dovrei indagare) è l’apertura mentale.
    Epocale una lite in cui mia madre mi rinfacciò che “per studiare informatica bisogna fare lo scientifico”, dopo che mi ero convertita a ragioneria sperimentale bilingue.
    Infinite le volte in cui i miei suoceri rinfacciano al mio lui che non si è laureato, e lui risponde “i laureati al momento lavorano per me”.
    Tante persone che ho incontrato nella mia vita sono convinte che la laurea sia IL punto di arrivo e non UN possibile punto di partenza.
    Quel che conta, oltre la passione come giustamente fai notare, è il sapersi aprire al mondo, a quel che c’è oltre il malloppazzo da studiare per farsi firmare un voto sul libretto. Altrimenti vivremo frustrati tutta la vita!

    1. come sempre in poche righe centri il punto. E soprattutto capisci il concetto che volevo esprimere, santa donna!

  5. Concordo in pieno con tutto il discorso che hai fatto,ma credo anche che quando arriva il momento di iscriversi alle superiori non si è pronti a scegliere e ci si fa in alcuni casi influenzare da professori e genitori.
    Io creerei una scuola con delle materie basi per tutti e poi in base alle proprie attitudini dei corsi da seguire con delle materie umanistiche e/o tecniche matematiche etc etc..non so se si capisce…
    In italia dovrebbero anche cambiare un po’ di professori,io ne ho incontrati tanti che avevano preferenze e che il loro lavoro non lo sapevano fare e pochi con la passione per l’insegnamento!
    Anche su Vanity Fair ad una ragazza che si lamentava di non trovare lavoro avevano fatto notare che se avesse conseguito alti studi un lavoro lo avrebbe avuto!Lì facevano riferimento alla podologa,si vede che la giornalista aveva dovuto aspettare parecchio per fissare un appuntamento.
    Io sono dell’idea che i ragazzi di oggi non vogliano più sporcarsi le mani tutto qui!

  6. Infatti la scelta delle superiori è difficile, perché a 13 anni si è un bel po’ scemini (e per fortuna). Il modello di scuola di cui parli esiste simile in Germania, non so se anche in altri paesi del nord Europa, quindi non è fantascienza, si potrebbe fere eccome!!!
    La gente ha voglia di lavorare, ma ha poca voglia di fare sacrifici.
    Un paio di stagioni di quelle che usano qua dalle nostre parti forse rimetterebbero un po’ d’ordine in molte teste, ne convieni? 😉

  7. Concordo in pieno, e mi sento oggi di poter commentare. Anche perché ho fatto il classico (onestamente lo rifarei seimila volte, anche perchè era davvero l’unica scuola che sapevo fare, troppa SCIENZA in tutte le altre, lol) e poi mi sono laureata in lingue. E lì vai di letteratura, filologia, storia di tutto e cosi via. A me è piaciuto moltissimo erano le materie che amavo, ma già mentre le studiavo sapevo benissimo che non sarebbero state quelle a darmi un lavoro, a meno di non scegliere la strada del dottorato. Sapevo benissimo, come so ora, che pur parlando inglese, francese e russo i datori di lavoro non erano sotto casa a suonare. “Eh, ma te parli russo” dicevano. E dunque? Il problema italiano è questo: bisogna smettere di pensare che le aziende facciano la fila per te se parli cinese o arabo, sei TU che devi inventarti, soprattutto con una laurea come quella in lingue, con la quale sai far tutto e niente, nel senso che ti si aprono mille campi, ma sei TU che devi andare ad esplorarli. Sei tu che devi trovare un settore (per me è stato hotel e ristoranti di lusso, nella reception e ora nella gestione di eventi, e sono stata super fortunata), sei tu che devi muoverti (se hai studiato cinese, metti in preventivo che magari il lavoro potresti trovarlo a Shanghai più che a Milano, senza scandalizzarsi troppo). Sei tu che devi approfondire e studiare sempre, con master, corsi ecc. Sfatiamo il mito di italiano di farsi chiamare dottore con un triennio. La laurea è, come qualcuno ha detto sopra, un punto di partenza (non avrei mai trovato i primo lavoro se non l’avessi avuta, perchè mi hanno presa per le lingue che parlavo, sottolineando però che si aspettavano che mi facessi il c**o per imparare il mestiere) non un arrivo, il giorno dopo della quale ci si siede ad aspettare che ci suonino alla porta. E si, il giorno dopo la laurea avrei accettato anche qualsiasi altro posto, nell’attesa di trovare d meglio magari, continuando a spedire cv, ma lo avrei accettato.

    1. Hai centrato il punto. Tu pensa che io avrei voluto fare filosofia all’università ed è rimasto il mio sogno. E non è detto che prima o poi non mi tolga lo sfizio di una seconda laurea (tanto non c’è obbligo di frequenza e se aprissero la facoltà a Rimini ci farei u pensierino), come hobby.
      Ma la vita è un’altra storia.
      Io, se non avessi lavorato in casa mia (è una piccola impresa, mica sono la figlia di Berlusconi eh… 😉 ), avrei mandato curricula in alberghi, al polo fieristico, in ospedale e a tutte le aziende della mia regione. E se non mi avessero calcolato sarei andata fuori sede.
      Bisogna sbattersi, nessuno ti aspetta con le braccia aperte, finita la scuola.
      Tu sei l’esempio che volere è potere, sì, ma soprattutto che farsi il culo (e tanto) alla lunga paga.

  8. Trovo il tuo post molto interessante e quoto appieno i commenti di Eka & Fefy.
    Io ho un diploma di liceo classico, mi ci sono ritrovata (per così dire) perché anche a me, come a tutti, dissero “Con un diploma di liceo classico, poi, all’università puoi fare tutto quello che vuoi”.
    Precisiamo che NO, non è affatto vero, e poi omettendo un piccolissimo particolare: con un diploma di liceo classico hai in mano un pugno di mosche.
    Se, per caso, io non avessi avuto intenzione di proseguire gli studi? Chi assumerebbe una diplomata del classico? Cosa sarebbe in grado di fare, oltre a conoscere a menadito le lingue (morte)?
    Ovviamente, nella mia famiglia (soprattutto da parte di madre) nessuno se lo sarebbe sognato. Tutti laureati ed intelligentissimi. Mia madre ha studiato al classico, era destino che ci finissi anch’io (nonostante abbia lottato per studiare al liceo linguistico, data la mia propensione e passione per le lingue straniere).
    Io, ahimè, ho preso anche un po’ dal papà: insicuro, poco propenso allo studio, con la testa fra le nuvole, abitudinario.
    Mi trovo malissimo con lo studio universitario (con lo studio, in generale). Non mi reputo un’idiota per questo, semplicemente non mi ci sento portata.
    Ma. C’è un ma. Per arrivare dove voglio arrivare devo sostenere degli esami, studiare (ommioddio) e laurearmi. Spesso e volentieri mi domando perché io abbia scelto una facoltà prettamente scientifica anziché una umanistica (per la quale sarei stata certamente più portata), sbattendo metaforicamente la testa contro il muro.
    Perché, al giorno d’oggi, una facoltà umanistica offre pochissimo, rispetto alle possibilità di trovare un impiego. Oggettivamente, i miei genitori sono entrambi impiegati, non c’è un’azienda di famiglia presso la quale potrei trovare una qualsiasi occupazione… mi devo arrangiare.
    Ho scelto di diventare infermiera. Perché mi piace, perché è un lavoro per il quale mi sento portata. È il percorso per il raggiungimento di quest’obiettivo che non è adatto a me!

    Se avessi dovuto scegliere in base al percorso di studi avrei optato certamente per Lingue. Invece mi accontento del mio 30 in Inglese scientifico (bello, n’è?) e attendo con pazienza di potermi laureare.
    Con una laurea in Lingue… boh. Probabilmente mi sarei ritrovata precaria, in un call center, con un lavoro insopportabile ma necessario (sul lavoro, di questi tempi, non si sputa MAI!) o peggio ancora, disoccupata e mantenuta a vita.

    La ragazza laureata in Sociologia col massimo dei voti che adesso trova solo impieghi non attinenti al suo titolo di studi e si sente umiliata, beh… ha fatto una scelta. Ha scelto il percorso di studi che preferiva, senza tener conto delle opportunità lavorative.
    Personalmente, fossi al suo posto, anziché fare la piangina inizierei a rimboccarmi le maniche e lavorare. Se il lavoro c’è, te lo prendi e te lo tieni. Allo stato attuale delle cose non ci si può permettere di fare gli schizzinosi.
    Prima o poi un lavoro coerente alla sua laurea arriverà. È solo questione di avere pazienza.

    Scusa lo sproloquio.
    Bel post, è stato davvero uno spunto di riflessione… un bacio!
    Charlotte

    1. Bienvenida! 🙂
      No macchè sproloquio, questo è un argomento nel quale è bello e utile dilungarsi.
      Io non ho scelto di fare lingue, ma la scuola per interpreti (che è più una scuola professionale che un’università) proprio perché non volevo avere un pugno di mosche in mano. Perché, sopratttutto in questo periodo, lavorare in proprio non è una passeggiata e avere un’attività non è, come molti a torto credono, avere il culo parato.
      Hai fatto bene a scegliere quello che ritenevi più idoneo per te. magari ci metterai un po’ di più, ma se quello è il tuo sogno (ed è anche un sogno concreto, mica studi per diventare cubista insomma 😀 ) ti auguro e sono anche sicura che lo realizzarai e ne trarrai mille soddisfazioni.
      Come dici giustamente tu è uan questione di scelte. E le proprie scelte si pagano, anche con lavori un po’ più umili all’inizio.

  9. Beh, che dire Laura, io non credo di meritare di meno causa laurea, anzi. Ho competenze che tanti laureati si sognano di notte.
    Parlando di apertura mentale ti sei risposta da sola, non risponderò alla tuo bassissima frecciata, mi sento troppo superiore quando leggo certe risposte.

  10. Tra l’altro miss “io sono tutto perché ho una triennale”, come ho già detto, l’esperienza mi ha insegnato che partire dal basso ed adattarsi è una forma di intelligenza per pochi. E non c’è laurea che tenga.

    Visto che mi conosci, dovresti anche sapere il perché non ho finito la triennale, ed anche che altri titoli mi sono presa nel frattempo, ed in cosa mi sono specializzata. La laurea la prenderò per non abbandonare un percorso, ma tesoro, io SO fare il mio lavoro.

    1. Sono proprio senza parole…mah…non continuerò a risponderti perchè mi sembra stupido parlare con te visto che non riesci a sostenere una conversazione senza toni ironici e polemici. Buon per te se fai il tuo lavoro, io ho sempre fatto solo tirocini che riguardavo il mio settore e mi sarei sognata una paga da 1 euro e 50 l’ora (perchè non so se lo sai ma li facevo GRATIS e nel frattempo studiavo e lavoravo). Quello che voglio dire è che adesso state tutti a dire quanto sia stupido rifiutare un lavoro nel call center per 400 euro e 9 ore giornaliere ma quello non è fare gavetta o imparare qualcosa per metterlo nel curriculum e essere valutati più avant. Quello è essere sfruttati e se le persone che POSSONO dire di no (perchè se devi pagare un mutuo lo fai ma se stai con i tuoi e vuoi un minimo di indipendenza trovi altro) lo facessero tutte questi sfruttamenti legalizzati non esisterebbero più. Finchè anche chi può non accettare lo fa “perchè tanto non si trova altro” e ci si deve accontentare sarà complice di questo sistema malato. Io non sono andata in vacanza per tre anni eppure se avessi accettato quel lavoro magari ci sarei potuta andare. Beh, sono fiera di non averlo fatto. E per il resto ti assicuro che non sono affatto una persona che si ritiene superiore, ma a te non interessa questo, l’importante è sputare su gente che non conosci tutta la rabbia che hai perchè fai un lavoro che non ti soddisfa. E quella snob sarei io? Ma fammi il piacere!

      1. No, io sono molto soddifatta dal mio lavoro, è la paga a non soddisfarmi, ma tant’è.
        Fare call center fa curriculum, perché l’azienda sa che se l’hai fatto sei adatta ad un lavoro sotto stress, e che su di te si può contare anche in momenti difficili.
        Puoi continuare a pensare che sono una frustrata e sentirti sfortunata perché non trovi un lavoro decente con la triennale (e provare a sputtanarmi perché non ho la laurea, cosa molto molto molto meschina e bassa), e poi chi è la frustrata sfigata sarà un argomento di cui riparlare.

  11. la cosa che mi indigna di più è il fatto che certa gente, in attesa del lavoro della sua vita, resta a casa ad aspettare, come se qualcuno un bel giorno si presenta lì alla porta dicendo “lo sa? cercavo proprio lei…”
    pretendere il meglio è sacrosanto ma a casa mia siamo stati sempre abituatio a muovere il culo
    io uscita dalle superiori ho fatto tre mesi con una ditta di pulizie
    sissignore, i soldi a casa servivano e ho iniziato a lavorare prendendo il primo lavoro che ho trovato
    e lo rifarei anche domani, se mi trovassi in quel tipo di necessità
    uno dei miei fratelli si è laureato e nel mentre lavorava in un ristorante, l’altro arrotondava facendo rendering quando ancora non li faceva nessuno
    e piano piano ognuno di noi ha trovato la sua strada
    se stai a casa ad aspettare si vede che puoi permettertelo, mi dispiace dirlo
    e faccio un altro esempio (che sembra che a casa mia siamo tutti fenomeni : non è vero, siamo solo gente abituata a dover muovere il culo) : mia sorella si è trovata in mobilità da un giorno all’altro
    ha frequentato un corso sulla sicurezza pagato dalla regione, ha fatto uno stage e la ditta l’ha assunta
    non senza fatica, che rimettersi a studiare a 40 anni non è semplice
    e considera che lei ha sempre lavorato in fabbrica
    è semplice lamentarsi, molto semplice

  12. Chapeau Sabrina. Che io e te siamo simili anche per quel che riguarda le rispettive famiglie e il modo in cui siamo cresciute e sta cosa mi piace assai.
    E chapeau anche alla sorella, ce ne fossero di più di così tenaci, forse le cose andrebbero per un altro verso.

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