sei mesi di noi

Metti un weekend dal caldo anomalo, due zingari trentenni con un figlio che se non fosse che pesa come un macigno non ti accorgeresti nemmeno che è con loro, data la sua bontà. Metti una Rimini strapiena di gente e una sete di quelle che gli Spritz si allineano sul tavolo nemmeno fossero soldatini che vanno alla guerra. Metti una festa di laurea dalle sei in poi in albergo con gente della tua età o giù di lì con figli al seguito, cibo e alcool come se piovesse. Mettici tante risate e anche quella leggerezza d’animo che si ha sempre quando comincia la bella stagione. E aggiungi anche tutto l’amore che puoi immaginare, ma proprio tutto eh, equamente diviso tra i due uomini della tua vita.

Ecco, avrai fatto il mio weekend.

Un signor weekend, lasciatemelo dire.

Ho rivisto gente che non vedevo da ottobre, ho bevuto tanti di quel frizzantini che ancora mi gira un po’ la testa, ho riso dalla mattina alla sera e ho anche visto un paio di scene allucinanti che avrei preferito non vedere, ma che mi hanno dato l’ennesima – e inutile- conferma che forse non sarò una mamma perfetta, ma che senza dubbio non sono una mamma rincoglionita.

Tipo che entra questa coppia di amici nostri con nano di un anno e mezzo al seguito, vestito – il nano- come un fighetto radical chic de noantri. Leggi: polo, kefiah, sneakers di marca e faccia di uno che non gliene potrebbe frega de meno di come l’hanno vestito. Fosse per lui, giustamente, andrebbe vestito da straccione ma venderebbe la mamma ai beduini per potersi rotolare in terra.

Ecco, la mamma.

Parliamone.

Spendiamo cinque minuti del nostro tempo per fare una bella radiografia a questo soggetto che, nei sei mesi del mio esilio forzato in casa, avevo rimosso dalla memoria.

Ha avuto un bambino 18 mesi fa, eppure il suo fisico sembra quello di una uscita dalla sala parto da un paio di settimane… e io che mi lamento di aver preso un paio di jeans taglia 44.

Vive, come tante mamme che conosco, nell’ansia perenne per l’incolumità di suo figlio. Come se, che so, vivessimo in una favela di Rio de Janeiro o nella foresta del Borneo.

Disinfetta tutto o quasi con il germicida.

Tartassa il povero papà, costringendolo a marcare a uomo il piccolo teppista, altrimenti c’è caso che inciampi e cada e si rompa la testa.

Ha il reverenziale terrore delle correnti d’aria, anche a Ferragosto.

In parole povere, è peggio di un gatto attaccato ai maroni.

 

Io cambio mio figlio in macchina, non sterilizzo ciucci e bottigliette nemmeno se mi pagano, se un gioco di Titu cade in terra glielo rimetto in mano senza nemmeno passarlo sotto l’acqua corrente. A parte tenergli la berretta (di cotone, of corse) quasi sempre per proteggergli le orecchie, non seguo particolari programmi di addestramento mammifero.

 

Per ora ci è andata bene e non credo sia solo una questione di culo.

 

In ogni caso mi sa tanto che me la sono tirata a mille, con questa.

 

E comunque: mio figlio ha mezzo anno oggi. E questi sono stati senza dubbio i sei mesi più belli della mia vita.

 

2 Risposte a “sei mesi di noi”

  1. ti dico solo questa : mio FratelloBello era spesso affidato a me e mia sorella, che ci giocavamo come fosse il nostro bambolotto vivente
    io e mia sorella avevamo undici e otto anni, per dire, e mio fratello era con noi quasi tutti i pomeriggi nel giardinetto sotto casa per almeno un paio d’ore che così mia mamma ne approfittava per fare parte di quelle seimila cosa che si devono fare con tre figli in casa
    secondo te s’è preoccupata mai preoccupata se mio fratello metteva il ciuccio in bocca dopo essere caduto?
    o se lo facevamo giocare coi sassolini?
    o se mordicchiava la banana che avevamo noi per merenda?
    hai rpesente mio fratello no? quello che gioca a rugby…
    e mia mamma avrebbe perso il senno, con quattro figli, a crescerli tutti in quel modo
    no no…continua così che vai alla grande!!!

  2. Ma infatti… anche perché io di tempo ne avrei, ma non sono proprio il tipo che perde tempo in queste cazzate.
    Che io se mi sono ammalata poco o niente nella mia vita ci sarà pure un perché…

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