A proposito del cibo. Quello vero.

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Non so di preciso quando il cibo, inteso proprio come qualità di quello che mangio, sia entrato a far parte così prepotentemente della mia vita. Probabilmente l’aver messo al mondo due figli e dovermi occupare della loro alimentazione ha giocato un ruolo fondamentale in tutto ciò. Anche l’aver sposato un cuoco, forse. E anche che il dover smaltire i chili in eccesso dalle due gravidanze, magari.
Ma non credo sia solo questo.
Insomma non è solo una questione di dieta o ménage familiare da tenere sotto controllo: credo che dietro ci siano delle ragioni molto più profonde, che affondano le radici nella consapevolezza del fatto che quello che mangiamo sia anche direttamente proporzionale all’impatto che abbiamo nei confronti dell’ambiente. Lavorando nel settore alimentare, commerciando in prodotti ittici che vengono importati dall’estero e finiscono sul mercato nazionale, non è che io possa star tanto qui a sproloquiare dal pulpito a favore solo ed esclusivamente del locale o del km 0, o passerei per un’ipocrita incoerente. Ci vuole, come in tutte le cose, un buon compromesso. Questo è il mio lavoro, ed è un lavoro che mi piace e chi mi ha insegnato e che continua ad insegnarmi tanto, sia a livello umano che professionale e non lo rinnegherei mai e poi mai. Poi però c’è la mia vita di tutti i giorni, quella in cui ho da mettere quotidianamente assieme tre pasti principali, cercando di far combaciare la qualità, la salute e il prezzo. Non si può mangiare guardando solo al risparmio, o si finisce con l’intossicare l’organismo con alimenti dalla qualità ampiamente discutibile. Non si può andare avanti solo a caviale, champagne e fois gras, o in mezzo mese finiremmo tutti con le pezze al culo e non si può nemmeno, ma questa è una mia personalissima opinione, rinunciare a quello che ci piace anche se ci fa male, una volta ogni tanto. Mangiare la famosa crema di nocciole che le nocciole in realtà le ha viste col binocolo ed è solo zucchero e oli vegetali e altre amenità tutti i santi giorni, alla lunga ci ammazza. Concedersela una volta ogni tanto, magari in una bella crepe calda fa bene all’anima. Insomma, il compromesso di cui parlavo più in cima. Questo modo di vivere mi ha allontanata sempre di più dall’andare a fare la spesa al supermercato: c’è chi vede la Grande Distribuzione come il diavolo in persona, chi invece ne è schiavo e compra tutto al supermercato, perdendo totalmente quel rapporto umano che invece si crea con il commerciante al dettaglio. L’unica cosa che posso dire con certezza della grande distribuzione è che non è vero che si risparmia, andando a far spesa da loro. Perché c’è chi studia tantissimo come e dove disporre i prodotti in un supermercato e fermatevi un attimo a riflettere: alzi la mano chi tra voi che state leggendo, non abbia mai comprato qualcosa che non era sulla lista della spesa perché era in offerta. Mia mamma lo fa in continuazione, ha più scorte lei di quelli di quel programma americano che passavano su real time anni fa. Se vai dal fruttivendolo, dal macellaio, dal panettiere e in pescheria, di solito ci vai con un intento preciso: per comprare quello che ti serve. Ho fatto una prova e la differenza è abissale: in un mese ho perso tre kg senza fare nessuna dieta specifica e sul conto ho diverse centinaia di euro in più.
Come mai?
Perché compro tendenzialmente solo materie prime (verdure,carne,pesce,farina,latte,uova) che poi devo cucinare da me. Cucinare porta via più tempo che assemblare. Se devo cucinarmi uno snack, tipo i cracker che ho fatto ieri assieme ad Ale, come minimo mi parte un’ora dall’inizio alla fine. Quindi nove volte su dieci, se ho fame per davvero, mi mangio una mela. Che è più sana e senza tutti quegli ingredienti strani. Ci avete mai fatto caso che ci sono ingredienti che non sappiamo nemmeno cosa siano eppure li mangiamo lo stesso? Chi sa che cosa sia la gomma di xantana? è in tantissime cose. Di sicuro non si muore eh, mangiandola. Però se mi fermo a pensarci, un po’ mi fa senso il concetto di mangiare una cosa senza nemmeno sapere che cosa sia. Non mi tirate fuori la menata del tempo. Io lavoro, ho due bambini piccoli e vivo pure fuori città e a volte non c’ho tempo nemmeno di andare a fare a pipì, che il piccolo mi segue pure in bagno e ieri l’ho trovato con le mani nel water che rideva da solo come un matto. Quindi no, non attacca. Anche perché non si parla di cucinare come da Cracco. E qui viene il nocciolo del post.
Si può cucinare qualcosa di sano e qualitativamente ottimo senza spendere una fortuna e senza impiegare ore e ore?
Eccerto.
Non ci avrei scommesso un euro si di me, vi dico la verità. Perché ho un bagaglio culturale alimentare tutt’altro che semplice e vegetariano eh. Mia mamma fa da mangiare benissimo, ma parecchio tamugno e per una che è da una vita in lotta con il peso diciamo che era ora davvero di cambiare rotta. E quindi tre settimane fa ho iniziato un corso di “cucina consapevole”. La relatrice, Isabella, è una mia amica ed è una vera professionista. E non lo dico così, solo perché la conosco da tanto: sono stata per un certo periodo anche una sua paziente, mi ha seguito durante le gravidanze, insomma è una che sa il fatto suo e che ci ha messo davvero tanto impegno, per realizzare questo corso e non me lo sarei perso per niente al mondo, nonostante per una come me, cresciuta a carne, pasta all’uovo e grassi a go go non fosse proprio semplice, come approccio. Insomma, ci vuole una notevole apertura mentale per affrontare certe tematiche e certi ingredienti. Ammetto che con seitan, tofu e compagnia faccio ancora molta fatica nonostante la lezione sulla cucina “veggie” sia stata piena zeppa di spunti e ingredienti interessanti. Lasciando quindi da parte i semilavorati dell’industria aliemetare vegana, ho imparato ad usare tante proteine vegetali alternative alla carne e al pesce che fanno parte della nostra tradizione alimentare: polenta, ceci, fagioli, piselli, lenticchie e cereali. Viviamo in un paese ricchissimo di biodiversità, non credo che abbiamo davvero bisogno di seitan e compagnia, per sostituire la carne: un bel piatto pasta e ceci è più buono e se si usano dei legumi in vetro biologici (già cotti), a preparare una buona zuppa ci vuole mezz’ora. Quindi è alla portata di tutti, soprattutto di chi lavora. Il compromesso, remember? Oh, poi se a voi il tofu piace ben venga eh, la mia è un’opinione personale legata al gusto, non alla qualità o alla fonte proteica in se e per se. Un’altra cosa che mi ha risolto la cena e la vita (leggi: più tempo per me e per i miei bambini, meno sbattimento in cucina) è il mono-piatto in forno: verdure e pesce, magari al cartoccio con tante erbe aromatiche e poco sale. La cena si cuoce e noi intanto si gioca o ci si rilassa assieme in salotto. Ricordatevi il timer, soprattutto all’inizio, altrimenti sono cazzi e tocca andare in rosticceria eh…
Dispiace quasi che mancano solo due lezioni alla fine del corso: non credevo davvero di far parte di un gruppo più vario ed eterogeneo del nostro sia per età che tipologia di persone, eppure l’energia che da subito si è instaurata tra noi ha fatto da collante e sono venute fuori delle bellissime serate, stimolanti, istruttive, piacevolissime. Ne parlerò ancora, perché è un’iniziativa che merita e che spero abbia una continuità: c’erano persone che quando hanno iniziato non sapevano, per loro stessa ammissione, affettare una cipolla che lunedì scorso hanno preparato il loro primo sushi con le loro mani, e il risultato è stato sbalorditivo. Brava Barbara, la cuoca che ci segue e che ha una pazienza infinita, dote non esattamente propria a tutti i cuochi (Chef, leggi? mica parlo di te eh…). Brava Isa, che quando parla coinvolge ed ha quella positività imprescindibile a chi fa il suo lavoro. E bravi ai miei compagni di corso, tutti: ho visto tanta voglia di imparare a diventare autonomi, di conoscere, di sporcarsi le mani. Perché questa è la vera cucina: è sporcarsi le mani, mettersi in gioco, imparare. Non è azoto liquido, spume e amenicoli vari che tanto vanno di moda adesso e di cui una schiera apparentemente infinita di foodblogger spocchiosi ama tanto riempirsi la bocca (e trifolarci anche gli zebedei su instagram). Quello è solo un di più, una moda che spero davvero passi in fretta. Se vuoi mangiarti una roba buona, da cavarti la voglia, fatti un bel piatto di tagliatelle al ragù e non rompere le palle con il minimal chic da sessanta euro a piatto che quando vai a casa hai così tanta fame che ti fai un panino con la mortadella in piedi davanti al frigo come Nigella ai bei tempi. Dai dai, aria.
La vera cucina è fatta di odori, spezie, colori. è sperimentare, aprire la mente, ma senza dimenticare una cosa fondamentale, che poi è il filo conduttore di tutto il corso: il gusto. Se una cosa non è buona, può farti bene quanto vuoi, ma non la strozzi. E per fare in modo che una cosa sia gustosa servono solo tre cose: materie prime eccezionali (che al supermercato raramente si trovano), semplicità e voglia di mettersi in gioco. Io ci ho provato. E mi sono divertita tantissimo. E non credo che tornerò più indietro, che quando si mangia bene, si sta bene.
E chiudo il post con la frase che trovate sul blog del Pasto Nudo  e di cui Sonia/Izn, la proprietaria, ne ha fatto a ragione veduta una bandiera. Io mi auguro davvero che sempre più persone prendano questa strada.

“Non si disprezzano i compiti manuali. È chiaro che quando si lavora in cucina si lavora la base materiale della vita.
La verità si trova in cucina. Un cuoco deve essere incredibilmente consapevole”
Alejandro Jodorowsky • Il dito e la luna • racconti zen, haiku, koan