metti il casco mio amore piccino

É da un paio di settimane che nel tragitto casa-lavoro incrocio questa coppia di vecchietti su uno scarabeo bordeaux vecchio quasi quanto loro. Procedono nel senso di marcia opposto al mio e quindi li vedo benissimo. Lui ha un baffo che in confronto Garibaldi era un dilettante, porta una camicia a scacchi a maniche corte, pantaloni da lavoro color cachi e ai piedi  simil-birkenstock beige e calzino bianco. Lei dietro ha la classica mise da ultra settantenne: cardigan blu (secondo me in lana, ma faccio fatica a capire senza rischiare di travolgerli), camicetta e gonna a fiorellini o comunque una fantasia molto vintage, calza coprente e mocassino in pelle di rinoceronte. Vanno ai tre all’ora, formando bene e spesso un codazzo chilometrico di macchine dietro di loro e sono convinta che gli automobilisti in coda, a quell’ora del mattino, augurino le peggio cose ai due datati centauri, ma nonostante ciò loro procedono tranquilli e beati a passo di lumaca. Ma non è per l’andatura svizzera o per l’abbigliamento trash se li ho notati, ma per il semplice fatto che si abbracciano.

Lei non gli stringe normalmente le braccia intorno alla vita per non cadere: si aggrappa letteralmente al suo torace, arpionandogli la camicia e tiene la testa appoggiata sulla spalla sinistra di lui. Ci ho messo un paio di giorni ad accorgermene e me li sono subito immaginati da ragazzi, lui con la banana lucida di brillantina e la giacca di pelle che la va a prendere in vespa e l’aspetta sotto casa dei suoi. Lei che esce con un abitino rosso a pois bianchi e ballerine ai piedi e sale dietro, con le gambe di lato, che all’amazzone non sta mica bene e lei è una signorina a modo. E lei lo stringe forte perché lui sfreccia per le strade di campagna e un po’ lei ha paura e un po’ è felice e le piace affondare il viso contro la sua schiena, sentire il suo odore di muschio, tabacco e acqua di colonia. Magari fantastica anche, pensa a un matrimonio, al vestito, ai figli. A una vita onesta e serena. Non so se abbiano avuto una vita del genere, oppure se il destino sia stato meno clemente con loro. Magari ne hanno passate tante. Magari non hanno avuto figli, chissà.

Però ecco, io ho pensato a me e a Chef e mi sono detta che sarebbe davvero bello se, metti tra una quarantina d’anni, io avessi ancora voglia di abbracciarlo così.

Alla fine sembra un desiderio di poco conto, eppure non so quanto sarà scontato. Tante cose dissemineranno il mio cammino da qui al mio ultimo giorno su questa terra e so che nonostante ora tutto sia splendido, prima o poi ci saranno anche dei periodi bui da affrontare. O forse no, ma non mi faccio troppe illusioni. Ma ecco, mi piacerebbe davvero poter salire in sella a un vecchio motorino scassato, affondare il naso nella sua camicia e, con gli occhi chiusi e le dita serrate intorno alla sua vita, sentire che il tempo, per noi, è come se non fosse mai esistito. Come se tutto il bello di quello che siamo insieme non ci venisse sottratto mai. Per i due vecchietti sembra essere così, su di noi, salvo imprevisti, sono pronta a scommettere.

Ma una cosa è certa: anche a settanta e rotti anni, Chef in moto non andrà mai piano come loro.

 

2 Risposte a “metti il casco mio amore piccino”

  1. i miei quando vanno a passeggio si tengono per mano
    stessa tenerezza dei due 🙂

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