Keep calm and smile, please.

Mi piace questa fase pseudo zen in cui mi incavolo poco e rifletto molto, soprattutto perchè questo pone la mia mente già di per sé piuttosto analitica a riflettere su tante cose che fino a poco tempo fa davo per scontate. Il weekend appena passato ci ha regalato due giornate di sole splendide e io ne ho approfittato per farmi delle passeggiate lunghissime sulla spiaggia con la musica a palla nelle cuffiette e la mente che si svuotava sempre di più ad ogni passo. Il vento in piena faccia, il sole che nonostante tutto un po’ scaldava e soprattutto ricaricava le batterie. Camminare è la cosa che amo di più in assoluto, perchè a differenza del nuoto e della corsa mi lascia lo spazio per pensare, per riflettere e per elaborare tante esperienze che avevo accantonato nell’angolino “rivedibile”.

E sabato pensavo che se dovessi scegliere un aggettivo solo per descrivere questo periodo, quello che userei sarebbe “saturo”. Tutto quello che viviamo, dalle pubblicità, ai talk show, ai social network e ai rapporti interpersonali sta arrivando alla saturazione.

Esempio pratico: ci avete fatto caso che il 75% dei programmi televisivi è sul cibo? L’offerta televisiva di questo momento è satura di cibo, ci saranno tremila programmi di cucina, si parla quasi solo di quello. Tra non molto ne avremo così piene le palle da far crollare il mercato e per altri 15-20 anni non si tornerà più sull’argomento. Adesso però tira e tutti da grandi vorrebbero lavorare in una cucina. Poi quando ci dovrete stare dalle 10 alle 15 ore al giorno, senza aria condizionata, sottoposti a ritmi massacranti e ad una tensione emotiva allucinante ne riparliamo. Quando per tutta l’estate i vostri amici andranno al mare e voi dovrete stare dietro ai fornelli a sudarvi anche l’anima de li mortacci o quando a capodanno, a Natale, a Ferragosto, il primo Maggio, a Pasqua, il 25 Aprile tutti parleranno di weekend, scampagnate, veglioni e cene in compagnia  e voi starete dall’altra parte della barricata a farvi un mazzo così e ne sarete comunque felici, ne possiamo riparlare. Io ho visto da vicinissimo che vita fa uno chef e sinceramente non la auguro a nessuno di voi, a meno che non siate davvero pervasi dal sacro fuoco della creatività.

Sono mode. E sono mode che rendono tutto, alla lunga, molto noioso. Masterchef rimane uno dei miei programmi preferiti, ma già mi piace molto meno dell’anno scorso e forse l’anno prossimo non lo guarderò nemmeno.

Il fatto è che io sono sempre stata abbastanza allergica alle mode: sono una tipa che va a istinto e se una cosa mi ispira fiducia la scelgo, altrimenti la lascio lì dov’è.

Ma non siamo solo saturi di mode televisive, magari fosse così semplice. Siamo saturi di qualunquismo, di aggressività, di paura. Siamo circondati da persone che vivono in bilico costante tra un controsenso e l’altro, che conducono un’esistenza talmente lontana dalla coerenza e dal buonsenso da lasciami talvolta atterrita. Gente che fa volontariato magari alla mensa dei poveri e non va a trovare da anni la nonna all’ospizio. Persone che pubblicano link animalisti o, peggio ancora, foto di bambini in chemioterapia (ma si potrà, vivadio???) sui social network e poi nutrono i sentimenti più distruttivi verso i loro cari o i loro vicini di casa o i loro colleghi di lavoro. Leggo continuamente di persone che si ritengono civili e intelligenti e che se incontrano un ragazzo di colore per strada hanno ancora paura o diffidenza nei suoi confronti. Sento così spesso frasi come “i romeni sono tutti stupratori e ladri” oppure “i tunisini sono tutti spacciatori” o ancora “i terroni non hanno voglia di fare un cazzo” da provare un sincero, puro avvilimento. C’è gente che appendeva la bandiera della pace alla finestra per protestare contro la guerra in Iraq nel 2003 che se glielo avessero permesso avrebbe bombardato gli Stati Uniti perché “loro sono tutti guerrafondai” (questa l’ho sentita all’università da uno studente, non scherzo). Potrei continuare per ore eh. Che i gay vanno tutelati perché, poverini, non sono normali loro e ci sono i fascisti che poi li picchiano. Oppure un’altra da segnare sull’agenda è “tuteliamo le donne e diamo loro un posto nella società” (siamo nel 2013, ce l’avete ben presente?).

Insomma, sulle prime ci sarebbe davvero da avvilirsi.

Ma siccome io sono una persona fondamentalmente ottimista, cerco di rimboccarmi le maniche nel mio piccolo, informandomi e preservando il più possibile il mio spirito critico e la mia sana ironia (qualità che andrebbero salvaguardate come i panda del WWF, altro che gay e quote rosa!).

Non sono una complottista, non credo che ci sia qualcuno che tiri le fila e cerchi di bruciare le fonti della conoscenza per ridurci tutti a un branco di pecoroni senza un’idea propria. A qualcuno piacerebbe di sicuro, ma credo ci siano ancora troppe teste pensanti, per poter realizzare questo piano… ma la paura sì, quella sono riusciti a farcela passare sotto pelle. L’ombra della crisi globale ed epocale, la paura di dover tornare con le pezze al culo tutti quanti, di perdere i privilegi e le comodità alle quali ci avevano abituati le generazioni del boom economico… nessuno ha ancora capito che non è chiudendoci in casa e diffidando del vicino di casa pachistano che usciremo dalla crisi. Non è facendo scorte di scatolame e cibi pronti che garantiremo un futuro ai nostri figli. Non è educandoli alla legge dell’egoismo e dell’ “ognuno per sé e Dio per tutti”  che tireremo su una generazione vincente.

Io ci provo, nel mio piccolo. E non mi faccio abbattere da chi mi dice “eh ma tanto la maggior parte delle persone se ne frega, tanto vale non sbattersi più di tanto”: che ragionamento del cazzo. La troviamo sempre la scusa per non impegnarci, per stare lì a crogiolarci nella lamentela e nel malumore: rimboccarsi le maniche e scegliere una direzione, intraprendere una strada a volte faticosa, agire: sembra così difficile solo perchè si ha paura. Non ho ben capito di cosa, ma la gente è timorosa, su tutto.

Io no. Io mi sono anche un po’ rotta il cazzo, di questo atteggiamento disfattista.

Sicuramente ci vorrà del tempo, per uscire dalla crisi. Forse anni, o anche un decennio e le cose cambieranno in maniera epocale (sta già avvenendo, in parte…) : ma deve essere per forza una merda, il risultato di questo cambiamento? Secondo me no: l’evoluzione, per come la vedo io, è sempre una cosa positiva.

E nel caso mi sbagliassi amen, almeno io ci ho provato, a viverla un po’ meno da cazzona.

Una risposta a “Keep calm and smile, please.”

  1. Hai fatto caso che, per un 75% di programmi di cucina, tra il 20 e il 24% sono per la “remise en forme”?
    Come al solito si predica bene e si razzola molto male.

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