Keep Calm and Go to School

Volevo scrivere tutto un altro post. Volevo scrivere qualcosa per il compleanno di Titu, o anche qualche frase bella riguardo al fatto che i nostri amici olandesi sono di nuovo qui e ci aspetta un weekend di quelli carichi a molla.

E invece no. 

Perché io, quando leggo sulle prime pagine dei quotidiani striscioni come “La scuola di qualità ce la chiede l’Europa” a me verrebbe anche un po’ da dire, a questi studenti così tanto amanti della conoscenza, che l’Europa chiederebbe anche un po’ meno gente fuori corso all’università, un po’ più di neolaureati disposti a gironzolare non solo durante l’erasmus ma anche per cercarsi un lavoro, all’estero, un po’ meno fancazzismo, un po’ più di conoscenze delle lingue e dell’informatica e soprattutto un po’ più di voglia di fare.E non venite a dirmi che non è vero, noi abbiamo un sacco di voglia di fare, è colpa del governo di turno che ci tarpa le ali. Perché non è così.

Ci sarà sicuramente il caso dello studente raccomandato che passa al concorso figo perché papi conosce qualcuno ai vertici, per carità. Personalmente posso dire che i miei coetanei che avevano voglia di fare e di distinguersi, quelli veramente amanti della conoscenza sono tutti da qualche parte a fare qualcosa che amano. In alcuni casi non è nemmeno quello per cui avevano studiato.

È che a me sta sulle palle questo atteggiamento tutto italiano del lamentarsi sempre di tutto senza fare un cazzo per cambiare le cose. Perché non è scendendo in piazza e basta, che se cambiano le cose. Ok manifestare, ma una volta a casa o in aula, bisognerebbe applicarsi un po’ di più e non considerare la scuola – soprattutto l’università- come un parco di divertimenti.

A questi ragazzi mi sento di dire solo una cosa. Che è proprio un consiglio spassionato, da mamma. È in effetti quello che direi a Titu, se fosse in mezzo a quel corteo:

“ Svegliatevi, che è ora.”

 

22 Risposte a “Keep Calm and Go to School”

  1. C’è da dire che l’Italia vive ancora nel clichè del “devi seguire questo percorso di studi per fare qualcosa”, come hai fatto giustamente notare.
    Non si è obbligati tutti a prendere una laurea magistrale se non si ha qualcosa che ti spinga realmente a farlo, ma il fatto che l’età media di conclusione del percorso di laurea ci sta dimostrando che le cose sono cambiate.
    Forse sarebbe solo ora di aprire un po’ più gli occhi… e la mente!

  2. Da una che si è trasferita all’estero per un futuro migliore, un applauso: PAROLE SANTE LE TUE!

  3. non sono del tutto d’accordo. Moltissimi sono fuori corso non per motivi indipendenti dalla loro volontà di studiare. Alcuni ad esempio, non essendoci molte agevolazioni per studenti con difficoltà economiche, oltre a studiare lavorano, ed è difficilissimo studiare e lavorare insieme visto e considerato anche se chiedi al datore di lavoro un permesso di studio, per fare esami o quant’altro, anche se è tuo diritto ti fanno un sacco di problemi. Altri ancora sono costretti al fuori corso dall’università stessa, perchè ci sono dei professori che sono dei benemeriti cretini e oltre a non fare il proprio lavoro di insegnante all’esame bocciano tutti, così che tu sei costretto ad aspettare altrei 6 mesi per poter rifare l’esame e ovviamente nel frattempo devi pagare la retta, e l’università ringrazia.E poi con scuole/uni senza pc o con pc del terzo mondo e con insegnanti di inglese che non sono nemmeno laureati in lingue ma hanno avuto l’ IDONEITA’ mentre facendo un corso di laurea A CASO, informatica e inglese non hai molte chance di impararlo…. in generale cmq, al giorno d’oggi nella situazione in cui siamo purtroppo anche se ti sbatti il massimo alla quale puoi arrivare è un lavoro interinale da tre mesi compresi i buoni pasto, ed è una prospettiva che deprime anche i più motiviati :/ Insomma, io non credo non tutti sono asini bamboccioni che pensano solo a comprarsi l’ultimo modello di iphone..mio libero pensiero eh! 🙂

    1. sicuramente è anche come dici tu. Ma, numeri alla mano, l’Italia ha troppi fuoricorso rispetto ad altri paesi e non credo che il motivo sia perchè tutti studiano e lavorano insieme: io l’ho sempre fatto, mi sono laureata in tempo e non sono un genio, anzi. ma mi premeva andarmene di casa e avevo scelto a monte un corso li laurea molto molto pratico (scuola per interpreti e traduttori) a scapito della mia grande passione che era filosofia. E ti ripeto, conosco molta gente che studiava e lavorava e si è laureata in tempo come conoscevo tanta gente che con la scusa di lavorare per pagarsi un po’ gli studi si parcheggiava a scuola e basta.
      L’informatice e l’inglese non si imparano solo a scuola. soprattutto l’inglese.

      Insomma,il mio non era uno sfogo contro gli universitari, ma contro il modo di fare, in Italia un po’ troppo diffuso, di lamentarsi e fare molto poco per cambiare le cose, trincerandosi dietro la litania del “eh ma non è colpa mia se le cose vanno da schifo, io sono solo una vittima del sistema”.

      1. concordo concordissimo. A parte che anch’ io lavoravo, che era troppo bello guadagnare dei soldi per fare pure qualcosa che mi piaceva moltissimo e che era persino compresa con tre o piu’ esami nel piano di studi, ma diciamocelo: in Italia, dalla generazione dei 40 enni in poi: si e’ mosci! Non mi vergogno a dirlo, perche’ io ho dovuto tirar fuori gli attributi solo dopo i 35 anni (ehm..da pochissimo, peraltro ;-)). Ogni volta che torno, e vedo le mamme allo sportello dell’ universita’ che iscrivono i figli o che chiedono informazioni, o altre amenita’ di questo tipo…beh, io ne sono convinta: la maggior parte dei ragazzi (che ai tempi di mio padre a 25 anni eri gia’ un uomo, ma oggi pare ci si vergogni, a farsi chiamare uomo o donna persino a 45!) sono bamboccioni. Viziati e pretenziosi. E lamentosi. Punto. (vedi post seguente sulle mamme iperapprensive e collega coi puntini) 😉
        PS: io ho fatto tedesco, a scuola, dalla 4 elementare alla maturita’. Quando sono andata a vivere in germania sapevo a malapena dire come mi chiamavo. Certo, ho avuto moltissima sfortuna, che su 4 prof vigliacco se ce ne fosse stata una che lo sapeva, ma stranamente, quando ho dovuto, in 1 anno l’ ho imparato alla perfezione…(a scuola mica era necessario….mai un 5 che fosse uno…e mia nipote, che ora e’ in seconda media, uguale: non sa NIENTE ma prende sempre distinto…mah!

        1. PS: non voglio banalizzare e dire che “il mare calmo non ha mai creato navigatori esperti”, ma insomma…. (e smettetela di pulirgli il culo a 30 anni, a sti figli!! ;-)))

        2. Sai che non ci avevo fatto caso, al collegamento tra questo post e quello sopra? ah l’inconscio, che meraviglia!! 🙂
          Io ho fatto lingue al liceo e l’università per interpreti e traduttori (ora la chiamano scienze della mediazione linguistica… bah), quindi sarebbe stato grave se le 2 lingue che ho studiato non le sapessi quasi alla perfezione. Però insomma, per imparare l’inglese basta andare 2 mesi in inghilterra; ma no al college, a fare i baristi o i camerieri, così magari è la volta che si svegliano… 🙂
          E sì, io mi sono laureata in tempo lavorando. Gli ultimi 6 mesi di università lavoravo a tempo pieno e scrivevo la tesi la sera e nel weekend. Era un sacrificio enorme, avevo 23 anni. Però a 25 avevo abbastanza soldi per andare via di casa e vivere la mia vita e scusa se è poco 😀

  4. Uff, non sai quanto ti capisco e ti approvo. Tolti gli ovvi problemi evidenziati da Ele, per il resto durante i miei 5 anni di Universita’ (3+2) ho visto:
    – Gente al triennio fuoricorso mentre io discutevo la tesi finale (e no, neppure io sono un genio)
    – gente che diceva “ma io cambio LINGUA, ti pare, lezione alle 8 30?
    – gente che diceva “ma io cambio LINGUA, ti pare, a Francese fanno Baudelaire! (si, ma l’anno prossimo ti becchi i lais di Maria di Francia o Racine o Corneille, ci avevi pensato?)
    – Erasmus bruciati al vento

    Per quanto riguarda l’inglese poi, e’ ignobile che in Italia si abbia talvolta il bisogno di un laureato in lingue, quando all’estero qualsiasi laureato conosce almeno una o due lingue straniere, perche il laureato in lingue non e’ che quello che PARLA una lingua (ma con chi? dove? perche?) ma in teoria fa altro grazie ad una consocenza profonda della materia.

    Altra cosa: a meno che non si sia fatto un corso di laurea altamente specializzante (medicina, ingegneria ecc) dove piu o meno non si scappa, bisogna essere anche un po’ flessibili e riciclarsi. Appunto per il principio che non e’ detto che il laureato in comunicazione trovi come addetto stampa o quello in lingue come traduttore, e quello in legge sia destinato a mettere una targa fuori dallo studio e una sedia in pelle dentro,

    Scusa per la lungagine, e’ che da “Expat” la cosa mi tocca…

    1. Ti dico solo che in Olanda i libri di testo dell’università sono in inglese. Cioè, i ragazzi studiano qualsiasi materia in una lingua che non è la loro.
      Infatti io dico sempre che se dovesse andarmi male qua in Italia con il lavoro, non ci penserei due volte a trasferirmi là. Che ok, è freddo. Ok, non si mangerà bene come qua (che poi dipende eh).
      Ma sicuramente sono un po’ più aperti e moderni di noi, che stiamo ancora qua a farci le pippe con l’accademia della crusca eccetera eccetera.

  5. in linea di massima sono d’accordo con te
    in famiglia ho avuto duie esempi di studenti universitari (i miei fratelli) : entrambi hanno finito gli studi fuoricorso perché entrambi hanno preso la laurea con il vecchio ordinamento ovvero 45 esami uno e 56 (?) l’altro.
    e quattro anni – concorderai con me – sono davvero pochi
    comunque sia hanno entrambi fatto OGNI COSA per arrivare a fare quello che adesso è il lavoro che volevano fare e per ogni cosa intendo lavori malpagati ( o affatto pagati) ma che li ha introdotti in qualche modo dove sono
    che a casa mia non si conosce nessuno per cui ognuno ha dovuto fare da sè
    non solo : i miei fratelli hanno amici che stanno raccogliendo i frutti del proprio impegno, chi all’estero, chi vincendo concorsi con migliaia di iscritti (sempre senza spinte) chi trovando finalmente chi valorizzi le loro capacità
    il rovescio della medaglia è che hanno 35/36 anni…capisci che rispetto al resto d’Europa i meriti vengono fuori molto tardi…
    e ‘sto cazzen d’inglese…non capisco, proprio non capisco perché non diventi obbligatorio ovunque…che se io alla soglia dei 48 anni sto ancora cercando di rimediare a lacune non dovute alla mia volontà (che un tempo a casa mia non c’erano proprio i soldi per viaggi all’estero o scuole di lingua) non capisco perché i ventenni non si sentano handicappati a non saperlo

    1. no ma infatti io non dico che sia facile e che l’Italia sia un paese che offre opportunità ai giovani (ma dove???).
      Quello che volevo dire è che da qualche parte le cose devono cambiare e che non si può solo pretendere senza dare. E invece ultimamente è così, c’è tanta sfiducia giustificata, ma c’è anche tanta (troppa) indolenza in giro.
      E mi da fastidio.
      Perché ok, io lavoro nella mia attività. Ma nessuno si ferma mai a pensare che avere un’attività non è solo bello stipendio e benefits: non siamo tutti direttori di grandi aziende, anzi. Bene e spesso c’è più merda che altro eppure siamo qua, a rimboccarci le maniche, a fare poche marce e proclami, che il tempo è poco e il da fare è tanto.

      1. e comunque (scusa, ma l’ argomento mi sta a cuore, che osservare da lontano crea meno distorsione), se tutti studiano comunicazione o marketing o grafica, non e’ che poi sian cosi’ scemi da pensare che in un paese “sano e normale” ci siano posti di lavoro per tutti. Quanti grafici o creativi o critici d’ arte o studiosi di mezzi di comunicazione servono, in proporzione? E quanti laureati, in genere, puo’ sostenere un paese normale? No, perche’ una volta era uno su 500 che si laureava, e chiaro che c’ era il posto di lavoro. Ma adesso e’ uno su due (anche di piu’, temo, che sarai mica scema che mio figlio non si iscrive all’ universita’, vero? ;-)). Non dico che bisogna fare come hai tempi della pianificazione dei paesi socialisti, per carita’. Ma che uno sia consapevole che se si iscrive all’ universita’ poi magari deve emigrare, per poter lavorare, questo si’. E’ come se uno vuole fare il calciatore pero’ vuol giocare solo nella Juve, che gia’ andare fino a Madrid e’ lunga e lui vuol stare in Italia. O no? (e te lo dice una che ha sposato un fisico teorico e che non ci pensa un minuto se lo chiama un’ universita’ piu’ prestigiosa di quella in cui e’).

        1. lo dici a una che non ha sposato un laureato, ma un uomo che sa fare un mestiere (è chef, mica scema io, eh??) e che non ha nessun problema a dire “a me studiare non piaceva, ho preferito andare a lavorare”.
          Le scelte che facciamo dovrebbero anche essere un po’ pratiche, secondo me. Io adoravo (e adoro ancora) filosofia. Volevo farla all’università, ma fortunatamente ha prevalso il buonsenso o meglio, il pragmatismo. 🙂

          1. che invidia (per lo chef!!). Io purtroppo non sono stata cosi’ coraggiosa o cosi’ intelligente o cosi’ furba, e ho una laurea in lettere moderne (ehm…geografia della percezione, che e’ peggio! ;-). Ma sto facendo un corso di sarta. Meglio tardi che mai… 😉

  6. concordo in toto
    lavoro in una piccola azienda, il titolare lavora anche il sabato e la domenica e i suoi figli certe volte anche la sera dopocena, se ci sono lavori da consegnare
    per dire che capisco, che avere una attività non è affatto rose e fiori
    però sono dell’idea che se ti impegni alla fine qualcosa viene fuori, magari non subitro, magari non come te lo aspetti, ma viene fuori
    certo che se aspetti che ti cada dall’alto…

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