introspezione

Tempo di bilanci nella mia testa. Del resto, nonostante il clima possa trarre in inganno, mancano 2 giorni a giugno e quindi la prima metà del 3013 l’abbiamo sfangata. Sul come ho un po’ di riserve, ma tant’è.

La verità è che quest’anno è strano. Mi sento come se qualcosa dentro di me ribollisse piano, in sottofondo, ma a un ritmo costante. So che prima o poi il bollore aumenterà, alzando il livello dell’acqua e tracimando fuori, scoperchiando cose che potrebbero anche non piacermi. Gli ultimi quattro anni sono stati pieni di novità tangibili: il matrimonio, un figlio in arrivo, un trasloco allucinante in quella che dovrebbe proprio essere la sistemazione definitiva…e uso il condizionale perché nella vita non si sa mai cosa possa capitare… ma salvo imprevisti col cazzo che mi schiodo da qui.

E adesso che tutto è in piano, che la casa è sistemata, che il piccolo non è più così piccolo ma si prepara per l’asilo dopo l’estate, che tutto sembra andare via liscio con un filo di gas, adesso che ho tempo per rifiatare, fermarmi a pensare e a riflettere succede proprio che qualcosa comincia a muoversi. Inizialmente non ci avevo fatto caso. Davo la colpa all’inverno, al freddo, ai postumi di un virus intestinale preso subito dopo capodanno che mi aveva devastata. La prima reazione, quando ti accorgi che qualcosa non va esattamente come dovrebbe, è il trovare subito una scusa credibile.

Poi ho cominciato ad andare a yoga. Inizialmente era solo benessere: arrivavo a casa con un sorriso beato e disteso, i muscoli più tonici e le ossa più fluide. Poi, dopo un mesetto o due non stavo più così bene. O meglio, fisicamente stavo – e sto- da dio, ma alla fine di ogni lezione mi sentivo strana, inquieta. O meglio, irrequieta, come non mi succedeva da un’infinità di tempo. Prima di conoscere Chef ero così: costantemente in bilico tra due poli opposti, una funambola delle emozioni contrastanti. Quando arrivò lui tutto tornò a posto, dove secondo me sarebbe dovuto sempre rimanere.

La verità è che ho passato i primi trent’anni della mia vita a cercare di essere qualcun altro. Accettarsi per come si è non credo sia facile per nessuno, ma degli altri a me in questo particolare momento della mia vita frega davvero poco. Mi sono sempre stata parecchio sul cazzo e se non si vedeva è solo grazie al mio senso dell’umorismo e alla capacità di trincerare le proprie insicurezze dietro una corazza apparentemente molto solida. Sto cominciando a cedere e non so quanto tempo ci vorrà, prima che gli argini si rompano definitivamente. Sono stanca di barcamenarmi tra la proiezione di quella me stessa che non sarò mai e di quella che cerco di nascondere da un’infinità di tempo. Non so quante cose ci sono in questa pentola che sobbolle: so per certo che molte non mi piaceranno per niente, ma è un’eventualità che finalmente sono pronta ad affrontare. Sono già andata a sbattere il grugno contro diversi miei limiti, in questi mesi e sono ancora qui.

Non so come evolverà questo blog, ma qualcosa sicuramente cambierà, perchè sto cambiando io. Forse lo chiuderò, forse no. Forse ci scriverò solo racconti, che alla fine sproloquiare dei cazzi miei non è così edificante e non interessa quasi a nessuno. O forse continuerò a scriverci come ora, quando mi viene la voglia di sfogarmi. Non so. Non riesco a dedicargli molto tempo e so che è arrivato il momento di fare una lista delle priorità. C’è un romanzo da portare avanti, anche se a singhiozzo. C’è una casa a cui badare il minimo sindacale per non permettere alle blatte di banchettare in salotto. C’è un figlio da ammirare mentre cresce e a cui far vivere prima o poi l’ebrezza di qualche fratello o sorella o entrambi. Ci sono amicizie da riallacciare, altre da continuare a coltivare e altre ancora da mandare definitivamente a quel paese.

Insomma, c’è una cazzo di vita da vivere.

 

4 Risposte a “introspezione”

  1. Ma nella vita da vivere, ci può essere posto per un sacco di cose. Blog compreso, se si ha voglia.
    Non credo che, sempre volendo, non si trovi un quarto d’ora ogni due settimane per buttar giù due righe. Se poi il blog ha stufato (come può anche essere giusto e ci mancherebbe altro), allora sono inutili anche tutte le altre “scuse”.
    p.s. scusa per la mail falsa. Il nome, invece, è vero.

    1. Gianni, hai ragione. Non è tanto il blog in sé, quanto il registro dei miei post: quello sì che mi ha stufato. Di tempo ne ho, ma credo che cercherò di usarlo per essere meno noiosa 🙂

  2. Ok Laura, rompi gli argini. Essere se stesse e’ la più bella e faticosa avventura della vita perché bisogna avere il coraggio di uscire dagli stereotipi. Quanto ad abbandonare il blog, perché? Raccontare la tua avventura di crescita può sicuramente essere utile a qualcuno, e fosse solo uno ( ma sono sicura saranno di più ) già e’ un bel successo. Un abbraccio

    1. No, abbandonare no. Mi mancherebbe, alla fine è una creatura. Ma si evolverà con me, probabilmente. 🙂

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