I Am Mine

L’anno è iniziato con un virus intestinale che levatevi tutti. E anche di corsa, che mi girano i coglioni. Sì, perché non ho fatto in tempo ad accorgermi che quelli che avevo non erano postumi da festeggiamenti di Capodanno che Titu ha cominciato a vomitarsi anche l’anima. Io posso sopportare di tutto, non per niente ci ho messo venti ore a partorirlo e ho saputo che le ostetriche si ricordano ancora tutte di me a distanza di due anni e passa; ma vedere lui stare così male e non poterci fare assolutamente niente se non cercare di essere rassicurante non è una cosa piacevole. Ma alla fine il bello dei bambini è che non sono condizionati dalle paturnie degli adulti e prendono le cose come vengono. Sto male: piango. Sto meglio: gioco. Cazzo, ogni volta mi ripeto che dovremmo imporcelo tutti come esercizio mentale e pratico, quello di osservare un bambino e cercare di comportarci come lui: basterebbero dieci minuti al giorno. Altroché yoga ragazzi, la gente sorriderebbe molto di più.

E a proposito di paturnie: le feste mi hanno devastata, sia sul piano fisico che, di conseguenza, su quello mentale. Sono sicuramente ingrassata, dato che ho mangiato come un maiale, toccando davvero il fondo. Cose oscene, tipo ammazzarsi di gommose alla frutta sul divano fino a tarda sera, bevendo bibite gassate e alcoolici come se non ci fosse un domani e via di seguito. Senza contare le seimila cene e pranzi vari. Insomma, una merda. Dissolte le nebbie della follia compulsiva da credenza debordante, con un colorito simile a una seppia che ha preso il caldo (tra il verdognolo e il giallino, per chi non è del mestiere) grazie al virus e un senso di colpa simile a quello di un alligatore che si è appena polverizzato l’intera fauna del Borneo mi sono finalmente guardata allo specchio. E che roba brutta ragazzi. Ho la postura e il fisico di una donna di mezza età, non scherzo. Spalle cascanti, bacino in avanti, un taglio di capelli che non si capisce bene se è una cresta punk fatta da un parrucchiere in preda all’alcool (Memo:mai cambiare parrucchiere di fiducia, nemmeno se il vostro è smisuratamente caro: li vale tutti i suoi soldi e spero che il ciospo che ho in testa ricresca in fretta per tornare da lui. Sperando che non si accorga di nulla, o si incazza a mostro di sicuro), occhiaie. Non sono io quella li. Non sono io questa qui.

Non sono io quella che risponde male ogni tre per due, che è scoglionata il 75% del suo tempo, che si lamenta continuamente di non aver mai tempo per sé stessa senza fare niente per organizzarsi meglio in modo da potersene ritagliare un po’. Non sono io quella che non mette un briciolo di passione nel suo lavoro. Non sono io quella che guarda lo schermo del mac e decide che no, oggi non scrivo, tanto per chi lo faccio che non mi conosce nessuno. Non sono io quella che si fa condizionare dai comportamenti di merda della gente di merda che la circonda. Non sono io quella che finge sempre che vada tutto bene per poi chiudersi in bagno e appoggiare la testa alle piastrelle e dire tra i denti che va tutto una merda.

Non

Posso

Essere

Io

E invece si. Ero io.

Ero a mangiare schifezze odiandosi ogni volta, ripetendosi però che tanto ormai sei grassa, cosa vuoi che sia questo biscotto o questa birra in più. Ero io a sentirmi in colpa quando qualcuno mi negava il saluto solo perché la pensavo in maniera leggermente diversa. Ero io a credermi una mamma mediocre solo perché qualche volta alzavo la voce o desideravo scappare via da tutto e da tutti solo per una mezz’ora. Ero io a borbottare continuamente a mezza voce il mio malcontento bene e spesso ingiustificato senza fare un cazzo di niente per cambiare le cose.

Ero io, sì.

Fino al 31 dicembre 2012.

Che adesso, davvero, mi sarei parecchio rotta i coglioni. Di me e del vittimismo in cui mi stavo crogiolando da circa due anni: sono brutta, sono grassa, non ho tempo per me (e se invece di agonizzare davanti alla tv ti facessi la ceretta, mettessi lo smalto alle unghie o semplicemente leggessi un cazzo di libro?), non ho l’ispirazione per scrivere (vivi in campagna, hai un marito eccezionale e un figlio meraviglioso… no bastano???), non ho niente da mettermi perché mi sta tutto male che sono una botte, il mondo è crudele bla bla bla bla.

La verità?

Non c’è. Nel senso che non c’è una verità assoluta. Posso solo dire che mi sento come se mi fossi svegliata da una specie di torpore. Come se per un sacco di tempo fossi stata come sospesa a mezz’aria in una bolla e finalmente, rottasi quest’ultima, io fossi caduta giù, facendo una bella botta. Come se una patina untuosa e sgradevole velasse tutte le cose e io ci avessi passato improvvisamente uno sgrassatore bello aggressivo. Vedo tutto più nitido e in prospettiva. Vedo una bella ragazza, con un bel viso e un corpo così così ma facilmente migliorabile. Vedo una mamma giovane, energica e parecchio in gamba con un figlio educato, sereno e sempre sorridente. Vedo una donna spudoratamente innamorata del suo uomo. Vedo una persona immensamente fortunata, con la possibilità di aprire il palmo della mano e tenerci il mondo sopra. Basta spostare di poco lo sguardo un po’ più in su, oltre la linea della mediocrità e dell’autocommiserazione e tutto è lì, meravigliosamente, incredibilmente possibile.

“The North is to South 

What the clock is to Time

There’s East and there’s West 

And there’s everywhere Life

I know I was born 

and I know that I’ll die

The in-between is mine

I AM MINE”

I Am Mine

Pearl Jam

2 Risposte a “I Am Mine”

  1. Avrei potuto scriverlo io questo post… a parte per il figlio che non ho! Stesso risveglio il primo dell’anno: la mia vita è bella, se solo io mi sforzassi di vederla per quello che è per davvero.

    Non sei sola. Davvero, non lo sei.

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