considerazioni sull’amore, in un gelato sabato pomeriggio

Ieri sera sono andata a letto alle nove. Io, sì. Del tipo che mentre stavo facendomi cullare da quella dolcissima sensazione di abbandono che si prova nel dormiveglia sentivo che mio figlio, nella sua stanza, ancora si trastullava nel suo lettino con i suoi pupazzi.

Sì, è successo. Io, che da quando ho quattordici anni dormo mediamente sei-sette ore per notte, ieri sera mi sono addormentata prima di mio figlio, che ha due anni e tre mesi.

Forse era ora di rallentare, di spegnere la luce, di dimenticare il romanzo che sto scrivendo, quello che sto leggendo. Era ora di spegnere lo smartphone, di non cagare le notifiche su Facebook o i tweet più carini e recenti, di staccare la spina. Era ora di riposare testa e occhi, anima e corpo. Mi correggo, pardon: non era ora, ma è ora: è ora di prendermi il tempo necessario per fare bene ogni cosa e se non riesco a fare tutto amen, quello che farò sarà migliore perché ci avrò messo più passione e più tempo. Ed è è ora di scrivere con più calma, ragionandoci di più, andando a scavare più a fondo: la mia nuova Moleskine color mandarino è piena di annotazioni, frasi e appunti sparsi, che se non mi do una mossa a decriptarli va a finire che tra un paio di mesi manco io mi ci raccapezzo più, in quello che ho scritto. Me la sento più così, sono in una fase spugna in cui raccolgo tante impressioni, imprimo odori, paesaggi, superfici e ricordi sul foglio vero, quello di carta e con calma distenderò poi tutto, come una pasta sfoglia messa a riposare nel freezer che una volta cotta sprigionerà tutta la sua carica e la sua intensità. L’inverno è un momento statico, riflessivo e invece di viverla come un privazione ho deciso di ribaltare la situazione a mio vantaggio: la casa piena di amici, il fuoco che crepita costantemente nel camino, la musica jazz in sottofondo, un buon té da sorseggiare lentamente… e in mezzo a questo io e le mille parole che da un paio di mesi si avvicendano e sgomitano per uscire dalla mia testa. Immagino dialoghi nei momenti più assurdi, vedo delinearsi personaggi, accarezzo con l’immaginazione vite vissute su uno sfondo che creo e plasmo prima di chiudere gli occhi la sera. E in mezzo a tutto questo ci sono loro, i miei due uomini, le mie due fonti di ispirazione e di gioia maggiori, le due colonne portanti della mia vita.

C’è un piccolo uomo, una personcina che ripone in me ogni richiesta, ogni necessità, ogni certezza. Che mi vede come l’unico punto fermo di un’esistenza che vive con tutta la sacrosanta naturalezza della sua età e che non si fa domande, non pretende risposte, non avanza pretese: impara la vita giorno per giorno e poter assistere a questo, farne parte e contribuire, senza esagerare, a farlo diventare un uomo è una delle più grandi fortune che uno abbia nella vita. Questo è essere una madre: le pippe sulla sacralità, l’educazione e l’intrinseco senso della maternità le lascio volentieri alle invasate del post sotto. Per me essere madre vuol dire solo amare.

E poi c’è lui; che sembra arrivare da un luogo più esotico, fatto di sabbia, di spezie e di sole e  che nel nero di quegli occhi un po’ allungati come una mandorla porta tutte le sue emozioni, perchè il suo cuore non riesce a contenerle tutte. Lui è quello che non conosce le mezze misure, che passa dal giorno alla notte in un battito di ciglia; quello di cui non avrò mai abbastanza, di cui ogni giorno mi innamoro come se fosse la prima volta, che sa ridere come un bambino e ringhiare come una bestia feroce, che è sfuggente come un gatto e rassicurante come un cane da pastore, che sa essere qui e altrove nello stesso momento, che nove volte su dieci non sai cosa gli passa per la testa ma se ti sorride in fin dei conti non ti importa nemmeno più di saperlo. E anche qui, le pippe e i manuali sulla vita di coppia io li lascio agli invasati, che la vita è breve e preferisco viverla accanto a un uomo così, sentendomi mancare ancora il fiato quando mi guarda negli occhi.

E a chi me lo chiede rispondo che si, la mia vita è meravigliosa e che sì, sono felice.

Spudoratamente, infinitamente felice.

4 Risposte a “considerazioni sull’amore, in un gelato sabato pomeriggio”

  1. Bellissimo post, mi hai fatto venire i brividi e quasi quasi la lacrimuccia…spero anch’io un giorno di trovare una persona che guardandomi negli occhi mi faccia mancare il fiato come la prima volta… <3

  2. c’è così tanto amore in ogni parola di questo post che andrebbe fatto girare e leggere a chi non sa trovare nella sua vita un motivo di gioia… che tutti ne abbiamo se solo ci rilassassimo un po’ e lasciassimo le cose fluire…
    io credo che il tuo stia uscendo tutto prepotentemente per questo : ti stai rilassando 🙂

    1. si, mi sto rilassando così tanto che tre volte a settimana va a finire che vado a dormire entro le dieci di sera… robe che manco mia nonna…

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