Best of You, please.

ho voglia di leggerezza.
di quella che sentivo subito appena dopo essermi sposata. Era un periodo particolarmente sereno, rilassato. Ero dimagrita tanto, mi sentivo quieta, in pace con quella me stessa che per anni e anni aveva litigato con l’armadio e con il suo senso di inadeguatezza. Finalmente, mi stava bene tutto. E finalmente vivevo in una bella casa, piccolina ma accogliente, che avevamo arredato assieme e mi piaceva tanto quell’appartamento dove l’aria era densa di noi. mi piaceva tornare a casa dal lavoro, pranzare al volo e poi leggere in salotto o sul terrazzo della camera da letto, rilassandomi. Ricordo che avevo la testa libera, leggera. Ricordo che non avevo mai l’emicrania e nemmeno la cervicale. Ricordo che il venerdì sera mi vedevo spessissimo con la mia amica che adesso vive dall’altra parte del mondo e che passavamo le ore in tuta a casa sua o a casa mia a chiacchierare, a bere vino fumando una sigaretta dietro l’altra e ridendo tantissimo. Ricordo che il tempo scivolava via in modo diverso. Poi io ho avuto due figli, ho cambiato casa, mi sono spostata più in campagna perché serviva più spazio. Lei ha mollato il suo uomo storico ed è partita per l’Australia. E le nostre vite sono cambiate. Noi siamo cambiate. Il mio amore per il mio uomo è cambiato. Il mio concetto di amore, da quando ho avuto i bambini, è cambiato. Sono cambiate tante cose anche sul lavoro, la casa nuova, più grande, che mi porta via energie per tenerla in ordine e che ha messo a dieta il conto in banca per mantenerla in piedi. Il figlio maggiore che comincia l’asilo, che inizia ad ammalarsi e le notti si fanno più lunghe e difficili e i nervi si tendono come corde di violino e le risposte si fanno più brusche, lo sguardo si affila, la curva delle labbra prende una piega inflessibile e tutto l’ovale del viso d’improvviso si riflette nello specchio del cesso con molti più spigoli e ombre di quelle che ricordavi l’ultima volta che ci avevi fatto caso.

Ecco, tutto questo non mi piace.

So che fa parte del gioco e che in teoria non potrei farci niente.
Dico in teoria, perché potrei eccome. Potrei strafottermene alla grande del dover tenere in ordine la casa. Potrei – e lo farò, comprando un’asciugatrice questo autunno- smettere di occupare il mio tempo a lavare-stendere-stirare con un’ansia da prestazione così maniacale. Potrei sorridere di più, per il semplice fatto di avere un lavoro sicuro e che mi piace, due figli sani e meravigliosi e un marito che amo e tanti amici con cui stiamo passando un’estate piacevolissima. Potrei smettere di pensare che avrei tanto voglia di leggerezza, muovere il culo e andarmela a prendere, questa fottutissima leggerezza.
Perché è uno stato d’animo eh. Mica si compra. E se è stato parte di me un tempo, non vedo perché non debba tornare a riempirmi cuore testa spalle e baby one-two-three.

Non so bene il perchè, ma da quando sono nati i miei bambini è come se una parte di me, quella neo hippie giamaicana, si fosse fatta da parte per lasciare campo libero al panzer tedesco che bene e spesso si alza al mattino e fiacca da subito los zebedeos a toda la famiglia. Guardate che è stancante, essere una rompicoglioni. E non fa bene alla salute, dato che mi blocca periodicamente a letto con delle emicranie che ciao te, la tua famiglia e i postumi della meglio sbronza di capodanno che ti ricordi.
Non voglio questa pesantezza. Me la sento sulle spalle, sugli occhi, sul collo e soprattutto sul cuore. Ogni volta che sgrido i miei figli per delle puttanate, mi prenderei a schiaffi da sola. Ogni volta che rispondo storta al mio uomo solo perché ho avuto una brutta giornata, che tra l’altro mi sono scelta per un buon 70% da sola, mi strangolerei con le mie manine.
Potrei stare con i miei figli e giocare tutto il pomeriggio, invece tutto quello che ho odiato di mia madre quando ero bambina lo sto riproponendo ai loro due in salsa 2.0 e mi chiedo cosa cazzo mi dica la testa in quei momenti. Il retaggio con cui sono cresciuta è così forte che nonostante non mi sia piaciuto e nonostante io cerchi ogni giorno di combatterlo, niente da fare, lui vince cazzo, vince sempre. Vince la solfa del prima il dovere e poi il piacere. Vince che in questa casa ci sono ottocentosettanta regole rigidissime e ugualmente assurde da rispettare. Vince che la faccia che i miei figli vedono più spesso è scura e corrucciata e io non volevo essere una mamma così.
Quando vivevo nella mia casa in centro, quando avevo tempo di pensare a come sarebbero stati questi momenti, mi immaginavo in un salotto grande, inondato dal sole, con tanti giochi sparsi in giro e Janis Joplin che canta Piece of My Heart in sottofondo. Mi immaginavo manine appiccicose, risate a volontà e visi distesi, lotte di cuscini e gare di rutti. Se faccio un bilancio degli ultimi sei anni, devo ammettere a malincuore che il quadro non è esattamente questo e scriverlo nero su bianco mi costa una fatica assurda ma è inutile mentire a se stessi. Non sono né una pessima madre, né una pessima moglie.

Ma non sono affatto la madre e la moglie che avrei voluto essere.

La consapevolezza inespressa di questa insoddisfazione personale genera un accumulo di tensione appena sotto lo sterno; a volte sento che il respiro si accorcia, i battiti accelerano e la testa diventa vuota, ma di un vuoto pesante, come fosse di piombo. E mi riesco a vedere da fuori, come se per un frammento di secondo potessi uscire dal corpo e guardarmi con occhi non miei. E vedo una persona che non è soddisfatta di sé stessa. E quando è così puoi avere per le mani i tesori più preziosi, come capita a me, e non dar loro il valore che meriterebbero.
E quindi bon, è ora di basta.
Perché l’autoflagellazione non ha mai aiutato nessuno e se Amudsen restava sul divano a fare la lista dei pro e dei contro e continuava a ripetersi che era troppo pericoloso col cazzo che lo conquistava, il Polo Sud; sarebbe rimasto un cazzone qualunque che aveva avuto una grande idea ma non era riuscito a tirare fuori il coraggio per metterla in atto.

E io non sono una cazzona qualunque e di coraggio ne ho anche per te che sei qui a leggere questa riga qua.
Questo non credo che porterà cambiamenti visibili da domani, ma è pur sempre una grande presa di coscienza e per quel poco che ne so, le prese di coscienza (o, per dirla alla Joyce, le epifanie) portano sempre a dei cambiamenti.
magari ci vorranno altri sei anni
Magari peggiorerò
Magari invece verrà fuori tutto il meglio che avevo fatto già uscire nel duemilanove.
Magari domani esco di casa e mi viene un colpo e ciao.
Nel senso che boh, nessuno ora come ora può sapere come andrà
Ma che non si dica che non ci abbia provato, a schiodarmi dal divano e a far esplodere questa bolla di autosabotaggio consapevole.

Mi alzo, e vado a fare tutte le cose che Con le mie penne glitter, i miei taccuini disordinati, chilometri di washi-tape, caffè a ettolitri e tanto buon rock.

C’è il mondo la fuori e devo farlo conoscere anche ai miei figli e la vita è troppo breve, per sprecarla a stendere lavatrici e piegare mutande.

“Per essere felici bisogna eliminare due cose: il timore di un male futuro e il ricordo di un male passato; questo non ci riguarda più e quello non ci riguarda ancora” Seneca, Lettere a Lucillo.

E per citare Elio “Seneca non era mica un pirla, era il Tutor di Nerone”

4 Risposte a “Best of You, please.”

    1. ciao cara. Mi sa che quando scolliniamo e diventiamo mamme, capita un po’ a tutte. 🙂

  1. Mi sono riletta in tanti punti… Tantissimi!
    Condivido con te il desiderio di rivalsa su noi stesse, io sto combattendo con me da anni, ma da quando il piccolo di casa ha superato i 4 anni, le malattie si sono diradate e sono riuscita a dare una continuità alla mia vita riesce ad andare meglio.
    Pian piano crescono abbandoniamo un’età bellissima, ma anche tanto faticosa, quindi ti dico che andrà meglio.
    La leggerezza che cerchiamo tornerà un pochino diversa, ma tornerà.
    Per concludere veramente dovrei scrivere un commento lungo come il tuo post, ma non è il caso!

    1. Ciao! Ah ma per me puoi scrivere tutto quello che vuoi, mica c’è un limite! 🙂 Anche perchè quando si tratta di maternità non si finirebbe mai di scriverne.
      Sì, andrà meglio e sì, cresceranno. Ma non è questo il punto. Il punto è che io mi immaginavo diversa e invece ho notato che diventando mamma ho tirato fuori un lato così rigido di me con i miei figli, da lasciarmi spiazzata. Bene e spesso sarebbe meglio lasciar correre, a meno che non si tratti di principi base. E invece mi impunto, come si impuntava mia mamma con me e mentre questiono con il grande per delle puttanate mi dico “ma sarò stronza”?
      E quindi a fatica, sto cercando di fare uscire solo la parte hippie. Che poi è il mio lato migliore. Vedremo come va a finire 😀

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