13 febbraio 2011: non fermiamoci qui.

Sto cercando di fare un bel lavoro con questo blog, tra una poppata e l’altra e devo dire di essere parecchio soddisfatta. Se riuscissi anche a trovare qualcuno che mi leggesse sarei a posto.

Arriverà anche quello, sono fiduciosa.

Nel frattempo amo sentirmi molto radical chic. Non sono andata alla manifestazione ieri, con un bambino così piccolo era infattibile. Ma c’ero in spirito. E vorrei che la cosa non fosse archiviata con un commento acido di Maria-sotuttoio-Stella Gelmini. E nemmeno vorrei che fosse un’alzata di testa momentanea.

Mi piacerebbe che questa pregevole iniziativa fosse l’inizio di una nuova presa di coscienza. Mi piacerebbe che tutte le donne che ieri erano in piazza non si facessero poi mettere i piedi in testa dal primo fidanzato/padre/marito/datore di lavoro geloso e prevaricante. Mi piacerebbe che tutte le donne che erano in piazza ieri insegnassero ai loro figli (maschi o femmine non fa differenza) cosa significa avere una dignità, una personalità da difendere e dei diritti da rispettare.

Vorrei che le prese di coscienza non fossero solo momentanee.

Vorrei che ogni donna, ragazza o anziana potesse sentirsi al sicuro nella sua città, dopo le undici di sera.

Vorrei che ai colloqui di lavoro una donna non venisse scartata a prescindere perché mamma o potenziale tale.

Vorrei che ci fosse più rispetto per le donne non solo per tre ore al giorno, una volta l’anno. Se cominciassimo già con tre ore al giorno tutti i giorni non sarebbe male.

Vorrei che le prime a smettere di discriminare le donne fossero proprio le donne stesse (ok Maria Stella? ecco…)

Insomma io vorrei sentirla sbandierare più spesso, questa coscienza al femminile. Non solo il 13 febbraio o l’8 marzo, per dire.

Ma siccome sono un’inguaribile sognatrice, io ci credo, che la manifestazione di ieri sia stata un inizio e non una meteora.