La vera rivoluzione siamo noi.

images-2Vivere, lavorare e scrivere non è una cosa facile. In mezzo al concetto di “vivere” ci stanno: un uomo meraviglioso da amare, due bambini piccoli da crescere possibilmente bene, una casa grande da salvare dala rumenta, un gatto nero di cui prendersi sporadicamente cura, che si sa che i gatti poi si arrangiano eh, le lavatrici da fare, la colazione il pranzo la cena e le merende varie, la spesa che se no non si mangia, i giochi da organizzare, le risse nane da sedare e ancora tanto altro tediosissimo menage familiare.

Del mio lavoro parlo poco. Non perché non mi piace, anzi, ma perché visto da fuori probabilmente non pare nulla di entusiasmante. Eppure mi ha insegnato e mi sta insegnando ancora molto. Fare squadra non è stato sempre facile, io ho un carattere abbastanza spigoloso e difficile, sono permalosa e a tratti sono stata molto indolente e tutto questo ha causato nel tempo contraccolpi non piacevoli. Però mi sono rimboccata le maniche e mi ero ripromessa un bilancio più o meno in questo periodo e devo dire che senza quel lavoro lì, con i suoi alti e bassi e le sue tante menosità, non sarei quella che sono e non avrei imparato tante cose. Quindi mi viene da dire namaste e andiamo avanti, palla lunga, pedalare e testa alta. Mi sono spesso chiesta se quella fosse la mia strada. Se non avessi sbagliato tutto o comunque molto, soprattutto nella scelta dei miei studi universitari e poi lavorativi. Se non avessi rischiato troppo poco e ne stessi pagando il prezzo. E mi sono risposta di no, perchè il problema non risiedeva nel fatto di aver scelto la scuola per interpreti anziché giornalismo o filosofia o nell’aver preferito l’azienda di famiglia a una vita di gavetta alle fiere come finta interprete (hostess) o di precariato freelance come traduttice da casa. Il problema era (e a volte è tuttora) il mio atteggiamento. L’ho già scritto da qualche parte più su che sono indolente, vero? Ho anche sofferto tanto la sindrome della gravida: mi gonfiavo a palla per un qualsiasi progetto che mi sembrasse fighissimo per poi sgonfiarmi appena mi scendeva l’ormone. Iniziavo mille cose, ne finivo mezza, non ci mettevo quello che per tutti quanti è l’ingrediente segreto fondamentale: la passione. E se manca quella, ciao, puoi avere l’idea migliore del mondo ma rimane lì. Un’altra cosa che mi mancava e un po’ mi manca tuttora è il metodo. Io non c’ho un verso. Scrivo di getto, non ho mai voglia di sforzarmi a darmi delle regole precise come: mai commentare argomenti a botta calda, rileggere sempre per evitare fraintendimenti, fare delle ricerche a monte, verificare le fonti… effettivamente come giornalista o traduttrice avrei fatto piuttosto pena.

Ma io credo nei precorsi, nel karma e nella capacità totalmente umana e meravigliosa del miglioramento. Credo che la strada che un individuo decida di intraprendere non sia un’accozzaglia di scelte poste a caso, ma invece nasconda qualcosa di inconsciamente ponderato. Credo che quello che si immetta in questo mondo poi ci ripaghi, nel bene o nel male. Credo che non ci sia nulla che ci impedisca di fare meglio, ogni giorno. FARE. Una bellissima parola, un verbo corto ma con una carica intrinseca potentissima. Che sia l’anno del fare, del miglioramento, del cambiamento dato dalla consapevolezza delle proprie scelte.

Le scelte.

Ho deciso di mangiare meglio. Non per dimagrire, proprio per stare meglio. Perchè ho capito, grazie a un’amica speciale, che il cibo che decido di mangiare non è solo un riempire la mia pancia, ma qualcosa di funzionale a tutto il mio benessere. E i risultati si vedono, la pelle è più bella, al mattino non ho più mal di testa, durante il giorno mi sento più attiva e piena di energie. è un cambiamento notevole per me, che credevo che mangiare sano fosse sinonimo di dieta, quindi di privazione, quindi di appena smetto ritorno come prima. Del resto è da quando ho tredici anni che vado avanti così e la svolta non è stata facile, ma sono bastate tre settimane (e un corso di cucina meraviglioso, idea della grandissima amica di cui sopra, di cui parlerò più avanti, quando sarà finito) per vedere gli effetti positivi. E quando prendi una direzione non forzata e soprattutto la fai tua, poi tutto assume una piega diversa, perchè è qualcosa che fai per te. Magari non ti farà avere il culetto a mandolino, perchè di costituzione ca l’hai più stile zampogna, ma se stai bene perchè ti fai del bene, poi l’estetica passa anche in secondo piano.

Ho deciso di scrivere e in un modo o nell’altro ci riesco. Vado pianissimo, perchè il tempo è poco, eppure nonostante tutto lo sto trovando. C’è qualcosa di diverso in me, una forza interiore che contrasta la vocina indolente che mi faceva procrastinare tantissime cose, quel subdolo “puoi rimandare a domani” che invece generava solo frustrazione, negatività, insoddisfazione e emicranie a nastro. Se non altro ora mi vengono gli attacchi solo quando dormo poco, ma quello è fisiologico, so come affrontarlo, via di pasticcone al bisogno, santa la nonna che tiene i nani un paio d’ore e io recupero un po’ di sonno. Il più era capire il vero nucleo da dove tutto veniva generato, quel grumo nero e denso e appiccicoso che mi inchiodava alla mia stessa insoddisfazione. Bastava pronunciare a voce alta quella meravigliosa parola che è FARE e tutto improvvisamente mi è sembrato meno impervio, meno duro e soprattutto più soddisfacente. Ho capito che basta poco, davvero poco, per fare. Basta scrivere tutti i giorni, anche solo cinque righe. Poi diventa una routine e di quelle cinque righe non puoi più fare a meno e magari poi diventano dieci, a volte quindici, se hai culo e i bambini dormono anche pagine intere. E questa è la vera rivoluzione: FARE, anzichè lamentarsi che non si ha tempo. è una parola rivoluzionaria, piena di vita, libera da stress. Perchè sono io che decido di scrivere, piuttosto che poltrire sul divano e spararmi sei puntate di The Blacklist che è bellissimo, ma non mi farà diventare la scrittrice che sogno di essere da quando ho sei anni.  Come canta il buon Eddie Vedder “I know I was born and I know that I’ll die, the in-between is mine. I am mine” La vera rivoluzione, siamo noi. Con le scelte di tutti i giorni, anche le più banali. Con le nostre lune storte, con i momenti di scoramento e difficoltà, con le giornate che no, non miglioreranno e probabilmente finiranno con un grande expliot di merda. Servono anche quelle. Devono esortarci a fare ancora, a fare sempre meglio. Tutto parte da noi. Rendiamo questo tempo che ci è stato dato da vivere come il nostro miglior capolavoro.

Lo so, questo post è noioso e anche un po’ troppo autocelebrativo. E anche qui, ci sarebbe da farci un post a parte: che se ci credi poco sei indolente ma se ci credi troppo poi diventi spocchiosa, te la tiri eccetera. Insomma, in teoria non andrebbe mai bene quindi ho deciso che per il momento l’indice di gradimento lo settiamo in base a quello che piace alla sottoscritta. Del resto sarebbe anche lo sottotitolo dello bloggo, mi pare. O no?!